Non avevo visto questa domanda,spero la risposta non giunga troppo tardi.
Per evitare il problema puoi agire su due fronti.
Il primo è quello dei tecnici che avranno in carico la bambina:
l'importante è che i tecnici facciano divertire i bambini diversificando molto il lavoro con tanti esercizi differenti,senza mai fare pressioni sui bambini per la loro resa sia durante la lezione sia in eventuali gare,che devono essere viste come un gioco anche a costo di farlo presente ai bambini eventualmente "troppo" competitivi per natura.
Se invece le lezioni ti sembrano veri e proprie sessioni di lavoro con allenatori che si prendono troppo sl serio pressando i bambini come fossero dei capufficio sia per la resa tecnica sia per il numero di vasche o la velocità o altri parametri che nulla hanno a che vedere col gioco;se vedi intendono la gara come un vero e proprio obiettivo cui i bambini devono concentrarsi come fosse l'unico motivo per cui si nuota;seguite da analisi e controanalisi come se a gara appena terminata si dovesse già pensare alla prossima invece che archiviarla come il gioco divertente che deve essere; se invece che sorvolare sugli eccessi competitivi di chi lo è per natura vedi che cercano di trasmettere la competitività pure agli altri bambini; se invece che fare sperimentare ai bambini gare in diversi stili e distanze vedi che fanno fare ai bambini sempre la stessa gara dove figurano meglio (per massimizzare i punti che i bambini portano alla società,una bieca forma di sfruttamento).....
in questo caso l'ambiente è pessimo e votato allo sfruttamento del bambino e molto facilmente determinerà l'abbandono non dico a sette anni,ma certamente non appena il bambino avrà esaurito gli stimoli, o non appena comincerà a sentire la pressione dell'allenatore per ogni gara come fosse u capufficio che controlla che lavori a dovere,o non appena le prestazioni caleranno o arriverà qualcuno che nuota più veloce.
Il secondo fronte è il tuo ,difatti i genitori possono avere una grande responsabilità negli abbandoni precoci:
non chiedere quante vasche ha fatto,o se lo fai o se lo dice lei fa in modo che non si senta sotto esame; nè se è la più forte o la più veloce nè come si colloca prestativamente all'interno del gruppo;
chiedile invece se si è divertita o se ha imparato esercizi nuovi o quale le piacciano di più o se è successo qualcosa di divertente o se ha qualche amica preferita e via di seguito con cose che non la facciano pensare che il vostro apprezamento è condizionato dai risultati.
Traduzione: non lasciarle intendere che non ti interessi ciò che fa,anzi deve percepire un concreto interesse,però bisogna allo stesso tempo fare in modo che questo interesse non sia subordinato o condizionato per esempio dal successo che poi si sentirebbe in dovere di ripetere o migliorare all'infinito,facendole vivere il nuoto non più come una sfida divertente ma come qualcosa di pesante capace di compromettere la sua felicità.
Può sembrare difficile da gestire invece è facile: basta che voi stessi lo intendiate come un gioco e verrà naturale tutto il resto.
Alle gare non fatevi mai vedere con il cronometro in mano,e gioite sempre e solo del suo impegno e mai del risultato.
E se dovesse capitare prima o poi che si senta sfiduciata dai risultati qui ci sono un paio di utili mantra che io insegno a tutti i miei piccoli atleti per aiutarli a focalizzare il reale significato di un risultato di gara.
Arrivare ventesimo su venti non è arrivare ultimi:
ultimo è il ventunesimo che non ha avuto il fegato di mettersi in gioco ed è rimasto a casa.
A volte domando:
preferite arrivare "ultimi" ai mondiali o primi ad una gara di mezze calzette ?
E ancora:
secondo voi chi è il più forte:
quello che vince sempre ma se arriva secondo si mette a frignare,o quello che arriva sempre a fondo clasifica ma continua a presentarsi ad ogni gara ?
Ciao
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