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Sai partire? Entrata in acqua, apnea e fase di uscita

Atleta in fase di volo durante una partenza

(di Ivo Ferretti)
Seconda parte

L’entrata in acqua

In questa fase l’atleta deve assumere una posizione estremamente “affusolata” per evitare un impatto troppo resistente con l’acqua e la conseguente perdita di velocità. La testa deve essere mantenuta tra le braccia per evitare sia l’aumento della superficie d’impatto che l’eccessiva caduta delle spalle. Si deve entrare nello stesso “buco” con le mani, con la testa, con le spalle, con i fianchi, con le gambe e con i piedi. L’angolo di entrata, quindi, non deve essere troppo prossimo all’orizzontale in quanto, inevitabilmente, si aumenterebbe la superficie di impatto, ma non deve essere neanche troppo “verticale” per evitare di “cadere in acqua” a discapito dell’avanzamento. Immediatamente dopo l’entrata, gli arti inferiori dovranno effettuare un colpo di gambe a delfino, indispensabile per posizionare il corpo nella direzione di avanzamento, sfruttando l’elevata velocità di entrata ed evitando di disperderla in direzioni non desiderate.

La fase di apnea e di uscita nel dorso, crawl e delfino

Immediatamente dopo aver rotto la superficie dell’acqua, l’atleta si deve posizionare nella direzione di avanzamento, cercando di minimizzare le resistenze, allo scopo di limitare più possibile la perdita di velocità. In tutte le nuotate, ad esclusione della rana ( per ragioni di regolamento ), è preferibile effettuare un certo numero di colpi di gambe a delfino nella fase subacquea. Le gambate a delfino devono essere molto frequenti, e quindi poco ampie, nella parte iniziale ed aumentare di ampiezza man mano che si perde velocità. La durata della fase subacquea deve essere tale da permettere all’atleta di emergere alla sua velocità di nuotata. E’ molto importante, infine, nell’uscita, rompere la superficie dell’acqua in un solo “buco” come nell’entrata. Questo significa, in altri termini, che l’angolo di uscita non deve essere troppo orizzontale per evitare le resistenze create in più punti, ma nemmeno troppo “verticale” in quanto ciò impedirebbe di sfruttare al massimo le spinte idrodinamiche che invece si possono sviluppare con angoli di uscita corretti.

La rana la fase di apnea e l’uscita

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A rana dopo l’entrata si effettua il primo scivolamento, poi la trazione con le braccia, il secondo scivolamento, il recupero delle braccia ed infine il colpo di gambe. Come e’ già stato evidenziato negli altri stili, lo scopo dei movimenti in apnea non e’ di generare propulsione, bensì di aiutarci a mantenere l’elevata velocità di entrata più a lungo possibile. Il primo scivolamento sarà pertanto limitato all’indispensabile raggiungimento della posizione orizzontale del corpo, la bracciata deve essere quindi eseguita qualche istante dopo essere entrati in acqua, senza effettuare inutili scivolamenti. La trazione subacquea deve essere effettuata con le braccia sotto il corpo. Quando la velocità diminuisce si recuperano le braccia molto lentamente, mantenendole il più vicino possibile al corpo stesso. Il colpo di gambe deve essere eseguito quando le braccia sono distese in avanti allo scopo di mantenere il corpo in una buona posizione idrodinamica. E’ molto importante evitare di iniziare il recupero e la flessione degli arti inferiori contemporaneamente al recupero delle braccia, poichè così facendo ci si troverebbe con le gambe pronte ad effettuare il colpo, ma con le braccia ancora in recupero,con conseguente aumento della resistenza frontale. Il capo deve essere mantenuto perfettamente in linea con il resto del corpo durante tutta l’esecuzione della trazione, dello scivolamento e del colpo di gambe, verrà sollevato solo per riconquistare la superficie. Nella gambata a rana subacquea, i piedi vengono portati molto più in alto, di quanto si faccia nella nuotata, accentuando l’angolo tra la coscia e la gamba. Questo accorgimento permette di avere una colpo di gambe molto più efficace. Anche per la rana valgono le raccomandazioni relative all’uscita in un solo punto, ma con un angolo adeguato. La posizione del capo riveste pertanto un’importanza notevole, per evitare un angolo di uscita troppo verticale o troppo piatto. Si devono inoltre curare meticolosamente gli aspetti coordinativi, evitando di anticipare la respirazione, azione che nella rana ha un effetto particolarmente negativo.

fine seconda parte
(Tratto da “La Tecnica del Nuoto” anni 1998-1999)

2 pensieri su “Sai partire? Entrata in acqua, apnea e fase di uscita

  1. Stefano dice:

    Piccole importantissime puntualizzazioni sulla subacquea della partenza a rana (valide pure in virata ovviamente).

    Le gambe devono stare ferme e distese e appiccicate come fossero una sola durante tutto il tempo della trazione della spinta di braccia,e continuare a restarlo durante la prima fase del recupero di braccia,che va fatto facendo transitare mani e gomiti il più aderenti possibile al corpo per non aumentare la sezione esposta a resistenza.
    Nel momento in cui le mani sono starte recuperate fino agli occhi,allora e solo allora sarà opportuno piegarle in preparazione al calcio,ottenendo così la sincronia ottimale tra il completamento della distensione di braccia in avanti e la spinta di gambe idrodinamicamente più efficiente.

    La testa non deve venire sollevata in corrispondenza dell’uscita dall’acqua (troppo tardi).
    Considerando che la profondità consigliata per la prima fase della subacquea a rana sta intorno ai 70-80 cm (un metro il punto più profondo),cioè renderebbe troppo verticale e improvvisa la risalita,o in alternativa non si riuscirebbe a fare uscire il corpo in un unico buco.
    Inoltre il capo abbassato potrebbe facilmente indurre una discrepanza angolare nella distensione delle braccia rispetto alla direttrice del resto del corpo,un pò come il muso del concorde,oltre a una prima parte della risalita perniciosamente piatta.
    Nella subacquea dei ranisti più evoluti (e anche nel video se si osserva bene) si riscontra invece che il momento ottimale per il sollevamento del mento è il momento in cui il recupero delle mani raggiunge il mento stesso,che sollevandosi come per farle transitare permette una distensione di braccia in linea perfetta col resto del corpo,minimizzando le resistenze frontali.
    La sollevazione del capo in quel momento permette inoltre di impostare la traiettoria successiva alla spinta di gambe in modo da ottenere una prima parte di risalita graduale e indirizzata anzichè piatta (anche questo si può notare nel video),e poi un’uscita nel “buco” esplosiva e ottimale anzichè improvvisa e verticale.

    Ciao

  2. Stefano dice:

    PS
    “Immediatamente dopo l’entrata, gli arti inferiori dovranno effettuare un colpo di gambe a delfino, indispensabile per posizionare il corpo nella direzione di avanzamento”.

    Io che conosco bene il nuoto capisco quello che intendi dire,ma messa così può generare confusione e grossolani errori.
    Perniciosissimi anche nel caso non si raggiungano le assurdità di chi (come si vede spesso specie nei masters) nel tuffo assesta sassate con piedi di marmo,tanto forti da uccidere un tonno,inutili perchè nessuna potenza potrebbe aumentare la velocità di ingresso che già di suo si attesta sui 7 metri secondo…..anzi,perdendo invece velocità (ed energie) in modo direttamente proporzionale alla potenza di quella ciofeca.

    In realtà il colpo a delfino non è indispensabile tanto è vero che a rana è persino vietato eppure ci si orizzonta lo stesso (è consentito solo durante l’azione di braccia,cioè a corpo già perfettamente allineato) e se è fatto male è addirittura pernicioso.

    L’allineamento della subacquea invece avviene solo grazie all’azione del blocco testaspalle,unico vero timone del nuotatore,che determina una modifica posturale del tronco la quale in caso di adeguata flessibilità dei muscoli del bacino si riverbera in qualcosa che è una mera illusione della vera frustata a delfino.
    Che dunque non è fatta apposta ma è solo conseguente.
    Che se invece fosse fatta come va fatta abbatterebbe i piedi più a fondo delle ginocchia (caratteristica delle frustate corrette a delfino).
    Cosa che nel momento dell’ingresso in acqua è un errore macroscopico che ridurrebbe la velocità dai 7 metrisec a quasi zero,da evitare assolutamente.

    Quindi,l’avevo già scritto in un altro articolo su questo stesso blog ( https://www.nuotomania.it/tuffo-di-partenza-nuoto.html ),ma torno a sottolinearlo:
    l’ingresso migliore è caratterizzato dall’iperallungamento di braccia e mani in avanti,come nell’intenzione di raggiungere in un sol colpo la parte opposta e sommersa della vasca.
    Questo semplice accorgimento alleggerisce (al contrario dell’irrigidimento causato dall’intenzione di dare gambate) i muscoli della schiena e le gambe,permettendo un ingresso dei piedi (belli morbidi) in un unico buco,senza affondare più del corpo e senza schizzi.
    E via sott’acqua più rapidi di una murena.
    Liberi di dare-però solo più tardi a corpo GIA’ allineato-frustate a delfino stavolta fatte a dovere,prima rapide leggere e strette per non aumentare la sezione frontale,poi via via più larghe lente e potenti fino a coincidere con il passo e la potenza della nuotata obbiettivo.

    Ciao

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