Grazie, grazie e grazie.
Soprattutto perché mi stavo convincendo di essere io quella sbagliata, e di non averci capito nulla.
La cosa che mi dà più tristezza è che domenica scorsa (in occasione alle finali che si sono tenute ad Avezzano, ed alle quali solo Giorgio - il più piccolo - si era qualificato) ho avuta nettissima la sensazione che i nostri bambini venissero trattati come "limoni" (mi riferisco soltanto alla squadra della quale fanno parte i miei figli, naturalmente). Piccoli, ma pieni di succo e tutti da spremere. Effettivamente nella loro squadra ci sono due bambini (uno in particolare) molto forti. Il più grande, che l'anno prossimo passerà agli esordienti, ha vinto di tutto e di più, e l'altro gli è sempre arrivato subito dietro. Inutile dire quanto brillassero gli occhi dell'allenatore, soprattutto quando alla fine si sono aggiudicati il primo posto anche a tutte e due le staffette. Giorgio non è andato benissimo, ma come ho detto a mio marito, già il fatto di essere arrivato fino a lì, avendo cominciato soltanto a gennaio gli allenamenti, non è poco. Ma domenica mi si sono aperti gli occhi: ho assistito ad una scena, proprio nei confronti di Giorgio (che da lì a poco avrebbe fatto parte della staffetta), che mi ha lasciata alquanto sconcertata. Non scendo nei dettagli (temo mi chiedereste nome e telefono dell'allenatore), non ho potuto sentire le parole che l'allenatore diceva a mio figlio, ma dal comportamento che Giorgio ha tenuto subito dopo, ho capito. Ero fortemente tentata a scendere e portarlo via da lì, e penso che soltanto una Mano forte mi abbia tenuta dal farlo. Giorgio ha dimostrato un carattere ed un temperamento eccezionale (io stessa non so se avrei avuto la forza di affrontare la gara e vincerla come ha fatto lui in quello stato), ma proprio questo episodio mi ha esortato ad "indagare" per capire.
Bellissime le parole che l'allenatore disse durante una riunione prima dell'inizio degli allenamenti, ossia "per i bambini deve essere un gioco e si devono divertire. Mi raccomando, se avete un sentore che loro hanno un qualsiasi problema fatemelo sapere immediatamente. Di campioni ce ne sono pochi, uno su migliaia di atleti e il mio lavoro è di farne buoni atleti". Utopia.
Quando nel pomeriggio di domenica è arrivata la squalifica per la staffetta dei più grandi, per non so bene quale errore di una bambina, il giorno dopo durante gli allenamenti questa bambina è stata trattata talmente male da lui, che ha dovuto chiamare la mamma prima della fine della lezione e farla andare via perché le era venuto il mal di testa.
Allora ho affrontato il discorso con la mamma di un bambino con la quale ci frequentiamo di più, ed ho notato che il suo problema principale (e poi anche quello degli altri genitori) era quello del perché lui sceglieva un bambino piuttosto che un altro per le staffette. Però una battuta del padre mi ha lasciata di stucco: "mica posso pagare uno psicoterapeuta per mio figlio alla fine dell'anno per colpa del comportamento dell'allenatore!". Allora non sono la sola! Sarò un po' dura, e vi prego non fraintendetemi, non sono assolutamente snob, ma ho capito che la maggior parte dei genitori (se non tutti), si ritengono dei 'prescelti' per il fatto che i loro figli siano in preagonistica, ed hanno timore di perdere questo privilegio. Inoltre ho avuto forte la sensazione che loro realmente sperano (e credono) che i loro figli possano diventare dei campioni, ricchi e famosi (e questa loro illusione credo sia il motivo della loro tolleranza nei confronti dell' "educatore" sportivo in questione - come detto da Mario) ma non è da qui la partenza!
Io, per i miei figli, ho altre ambizioni. Una buona carriera di studio ed una buona posizione di lavoro (sempre se loro vorranno seguire entrambe), ma affiancate da una buona formazione sportiva. Infatti per me lo sport non serve ad altro che ad "allenarti" alla vita: alle mille sfide che dovrai affrontare sia nello studio che nel lavoro, alle sconfitte ma anche alle vittorie dopo le sconfitte. Serve a formare un carattere solido e leale, e, come giustamente ha detto Stefano, ad insegnare il rispetto verso se stessi, ma soprattutto verso gli altri.
E mi dà molto fastidio quando nonostante i nostri mille insegnamenti, possa il primo venuto distruggere le cose che abbiamo costruito.
Domenica osservando i compagni di Giorgio ho pensato: tra dieci anni quei bimbi saranno ancora qui a godersi questa giornata di sport, oppure sfiniti e finiti da qualche altra parte? E mi metteva ancora più tristezza vedere i genitori rimproverare laddove ci sono stati cali di tempi e di prestazioni.
Ma allora se le gare devono servire, come ha detto Stefano, a rafforzare il proprio carattere, prendendola come una sfida con se stessi e non con gli altri, perché espongono tempi e graduatorie? Perché non iniziano a farlo solo da quando realmente serve per valutare un atleta (e non l'associazione di cui fa parte)?
Grazie mille Stefano, per le parole che hai detto. Come ho accennato prima, iniziavo a credere che già da questo livello iniziasse la strumentalizzazione delle persone e dei bambini, e di conseguenza non mi meravigliavo più di certe storie che sentite alla TV, anzi credevo che dietro c'era di molto peggio!
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