Io sono un uomo di 42 anni, ho cominciato da zero 7 anni fa, dopo aver vinto a vent'anni la paura dell'acqua. Ora, trascinato da un gruppo di amici, mi sono iscritto alla squadra della piscina del mio paese, ma mi considero un nuotatore meno che mediocre.
Anche il mio allenatore esprime un po' di sufficienza nei miei confronti quando si parla di delfino: mi sono fatto l'idea che, per quanto mi abbia dato modo di pensare che in generale sul nuoto abbia delle buone idee, su alcune cose specifiche invece secondo me ha le idee meno chiare.
Noi nuotatori dilettanti, a quanto mi è dato di vedere, abbiamo sempre il timore che quello che stiamo facendo sia sbagliato; trovo spesso che, come succede anche a te, mi pare, siamo alla ricerca di consigli, di sicurezze, tante volte anche di "ricette" che ci consentano di fare ciò che non riusciamo.
Io sono arrivato alla conclusione che nuotare tocca per prima cosa a ognuno di noi: non esiste una "ricetta", un libretto delle istruzioni su come si nuota.
È per questo che, se ho capito qualcosa, chi insegna a nuotare deve stimolare esperienze di motricità in acqua al proprio allievo partendo dalle più elementari, per poi costruirci sopra attività sempre più complesse e strutturate. Ma queste esperienze le dobbiamo comunque fare noi, sono compito nostro, e ognuno le interpreta e le sviluppa come riesce.
In questo senso, posso condividere l'idea di fregartene di quello che ti dice il tuo allenatore; e in questo senso ho smesso di controbattere quando altri nuotatori mi guardano come un matto perché esercito il delfino con il pull, oppure perché faccio qualche bracciata a delfino quando è il momento di fare vasche sciolte a piacere. Intendo dire che condivido quello che dice Stefano, perché i ragionamenti preferisco seguirli, piuttosto che berli, e quindi se su questo forum leggo cose che mi sembrano più giuste (sulla semplice base della ineluttabile lucidità della logica e dell'intelligenza) di quelle che mi dice l'allenatore, bè, allora sì, faccio di testa mia.
Permettimi di suggerirti di assumere anche tu questo atteggiamento: è molto costruttivo, per il motivo di cui sopra. Ovvero, che alla fin fine sei tu a nuotare.
Sono i tuoi nervi, il tuo cervello, la tua sensibilità che ti portano a farlo.
Forte di questo ragionamento, nonostante gli sguardi di sufficienza che spesso mi vengono indirizzati quando mi cimento nella nuotata a delfino, io sono addirittura dell'idea che invece forse un giorno il delfino sarà lo stile che mi darà più soddisfazione, perché l'ho cominciato a esercitare sulla base dei concetti che ho appreso in questo forum.
L'apporto dell'allenatore e di altri osservatori, al di là di ciò, ha pur sempre una sua utilità, perché per lo meno chi ti vede da fuori può, nella peggiore delle ipotesi, descriverti cosa stai facendo (ancora una volta devo citare Stefano, che una volta scrisse "anche il più cane degli istruttori può per lo meno dirti cosa stai facendo", o qualcosa del genere).
Riguardo all'esercizio del pull, io preferisco farlo senza spinta dal muretto: grazie una delle osservazioni più azzeccate che mi abbiano fatto, ovvero quando Mario (marioaversa, nel forum) mi disse "mi pare che non senti gli appoggi", decisi di provare le bracciate con il pull partendo in galleggiamento statico.
L'idea è che prima ancora di impartire la bracciata, devo capire come farla preservando l'equilibrio: quindi ti disponi in galleggiamento statico con le braccia avanti, e cominci a remare. Ovviamente all'inizio piano, poi cominci a scivolare e puoi vedere se riesci ad aumentare la velocità/frequenza.
Quel "vedere se riesci" dipende dal fatto che tu riesca a mantenere l'equilibrio. Se riesci a mantenere il corpo in equilibrio e a remare, sarai sorpreso di come riesci ad avanzare facendo relativamente poca fatica. Se senti di perdere l'equilibrio, ti fermi, e riparti, magari più piano ancora.
A seconda del tuo senso dell'equilibrio, c'è il caso che tu non riesca a fare nemmeno la prima bracciata; non demordere, mettici pazienza. Fallo piano e concentrati sull'equilibrio di galleggiamento.
Questo, sempre se ho capito qualcosa (nel caso ogni critica sarà più che bene accetta), è il primo passo da fare per impostare la nuotata a delfino.
Poi il resto io credo sia complesso non tanto dal punto di vista della meccanica della nuotata, quanto perché mantenere l'equilibrio è più difficile che negli altri stili. In verità, secondo me negli altri stili si riesce in qualche modo a "snuotacchiare", perché anche se non si ha un buon equilibrio, ci si aiuta sbracciando alla bell'e meglio. Nel delfino non puoi proprio riuscire a farlo, perché se non stai in equilibrio buonanotte!
Allora vedi quelli che nuotano "di forza" arando l'acqua con le braccia: e per forza poi nasce l'idea che il delfino sia uno stile per forzuti!
Io ho incontrato Monica Olmi, oro europeo nei 200 farfalla giovanili nell'85, e aveva un fisico tutt'altro che da forzuto.
Vale la pena di ricordare che, in altri post di questo forum, è stato spiegato in che senso il delfino è più dispendioso degli altri.
Un piccolo accenno al tono di sufficienza del tuo allenatore: io ho frequentato per un anno una piscina gestita dalla stessa società in cui è cresciuto Paltrinieri. Ho avuto modo di conoscere nuotatori che non saranno dei campioni, ma, per dire, un mio istruttore si è messo al collo l'argento nei 200 farfalla in una gara del circuito super master FIN. Bè, io ho la sensazione che se uno è sicuro del fatto suo, non gli viene manco in mente di trattare con sufficienza un dilettante, e infatti queste persone che ho conosciuto mi invitano ripetutamente a unirmi ai loro corsisti anche per nuotate domenicali.
The ice caps are melting, Leonard.
In the future, swimming isn't going to be optional.