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(1,654 risposte, pubblicate in Delfino (farfalla))

Io sono un uomo di 42 anni, ho cominciato da zero 7 anni fa, dopo aver vinto a vent'anni la paura dell'acqua. Ora, trascinato da un gruppo di amici, mi sono iscritto alla squadra della piscina del mio paese, ma mi considero un nuotatore meno che mediocre.
Anche il mio allenatore esprime un po' di sufficienza nei miei confronti quando si parla di delfino: mi sono fatto l'idea che, per quanto mi abbia dato modo di pensare che in generale sul nuoto abbia delle buone idee, su alcune cose specifiche invece secondo me ha le idee meno chiare.

Noi nuotatori dilettanti, a quanto mi è dato di vedere, abbiamo sempre il timore che quello che stiamo facendo sia sbagliato; trovo spesso che, come succede anche a te, mi pare, siamo alla ricerca di consigli, di sicurezze, tante volte anche di "ricette" che ci consentano di fare ciò che non riusciamo.

Io sono arrivato alla conclusione che nuotare tocca per prima cosa a ognuno di noi: non esiste una "ricetta", un libretto delle istruzioni su come si nuota.
È per questo che, se ho capito qualcosa, chi insegna a nuotare deve stimolare esperienze di motricità in acqua al proprio allievo partendo dalle più elementari, per poi costruirci sopra attività sempre più complesse e strutturate. Ma queste esperienze le dobbiamo comunque fare noi, sono compito nostro, e ognuno le interpreta e le sviluppa come riesce.

In questo senso, posso condividere l'idea di fregartene di quello che ti dice il tuo allenatore; e in questo senso ho smesso di controbattere quando altri nuotatori mi guardano come un matto perché esercito il delfino con il pull, oppure perché faccio qualche bracciata a delfino quando è il momento di fare vasche sciolte a piacere. Intendo dire che condivido quello che dice Stefano, perché i ragionamenti preferisco seguirli, piuttosto che berli, e quindi se su questo forum leggo cose che mi sembrano più giuste (sulla semplice base della ineluttabile lucidità della logica e dell'intelligenza) di quelle che mi dice l'allenatore, bè, allora sì, faccio di testa mia.
Permettimi di suggerirti di assumere anche tu questo atteggiamento: è molto costruttivo, per il motivo di cui sopra. Ovvero, che alla fin fine sei tu a nuotare.
Sono i tuoi nervi, il tuo cervello, la tua sensibilità che ti portano a farlo.

Forte di questo ragionamento, nonostante gli sguardi di sufficienza che spesso mi vengono indirizzati quando mi cimento nella nuotata a delfino, io sono addirittura dell'idea che invece forse un giorno il delfino sarà lo stile che mi darà più soddisfazione, perché l'ho cominciato a esercitare sulla base dei concetti che ho appreso in questo forum.
L'apporto dell'allenatore e di altri osservatori, al di là di ciò, ha pur sempre una sua utilità, perché per lo meno chi ti vede da fuori può, nella peggiore delle ipotesi, descriverti cosa stai facendo (ancora una volta devo citare Stefano, che una volta scrisse "anche il più cane degli istruttori può per lo meno dirti cosa stai facendo", o qualcosa del genere).

Riguardo all'esercizio del pull, io preferisco farlo senza spinta dal muretto: grazie una delle osservazioni più azzeccate che mi abbiano fatto, ovvero quando Mario (marioaversa, nel forum) mi disse "mi pare che non senti gli appoggi", decisi di provare le bracciate con il pull partendo in galleggiamento statico.
L'idea è che prima ancora di impartire la bracciata, devo capire come farla preservando l'equilibrio: quindi ti disponi in galleggiamento statico con le braccia avanti, e cominci a remare. Ovviamente all'inizio piano, poi cominci a scivolare e puoi vedere se riesci ad aumentare la velocità/frequenza.
Quel "vedere se riesci" dipende dal fatto che tu riesca a mantenere l'equilibrio. Se riesci a mantenere il corpo in equilibrio e a remare, sarai sorpreso di come riesci ad avanzare facendo relativamente poca fatica. Se senti di perdere l'equilibrio, ti fermi, e riparti, magari più piano ancora.
A seconda del tuo senso dell'equilibrio, c'è il caso che tu non riesca a fare nemmeno la prima bracciata; non demordere, mettici pazienza. Fallo piano e concentrati sull'equilibrio di galleggiamento.
Questo, sempre se ho capito qualcosa (nel caso ogni critica sarà più che bene accetta), è il primo passo da fare per impostare la nuotata a delfino.

Poi il resto io credo sia complesso non tanto dal punto di vista della meccanica della nuotata, quanto perché mantenere l'equilibrio è più difficile che negli altri stili. In verità, secondo me negli altri stili si riesce in qualche modo a "snuotacchiare", perché anche se non si ha un buon equilibrio, ci si aiuta sbracciando alla bell'e meglio. Nel delfino non puoi proprio riuscire a farlo, perché se non stai in equilibrio buonanotte!
Allora vedi quelli che nuotano "di forza" arando l'acqua con le braccia: e per forza poi nasce l'idea che il delfino sia uno stile per forzuti!
Io ho incontrato Monica Olmi, oro europeo nei 200 farfalla giovanili nell'85, e aveva un fisico tutt'altro che da forzuto.
Vale la pena di ricordare che, in altri post di questo forum, è stato spiegato in che senso il delfino è più dispendioso degli altri.


Un piccolo accenno al tono di sufficienza del tuo allenatore: io ho frequentato per un anno una piscina gestita dalla stessa società in cui è cresciuto Paltrinieri. Ho avuto modo di conoscere nuotatori che non saranno dei campioni, ma, per dire, un mio istruttore si è messo al collo l'argento nei 200 farfalla in una gara del circuito super master FIN. Bè, io ho la sensazione che se uno è sicuro del fatto suo, non gli viene manco in mente di trattare con sufficienza un dilettante, e infatti queste persone che ho conosciuto mi invitano ripetutamente a unirmi ai loro corsisti anche per nuotate domenicali.

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(72 risposte, pubblicate in Tutto Master!!!!!!)

Carla80 ha scritto:

O mi comporterò come la mia compagna di corsia che viene in spogliatoio a piangere perché fa sempre gli stessi tempi, senza capire che a 28 anni, notevolmente sovrappeso, e senza aver mai fatto sport non può pretendere più molto e si rende solo patetica, oppure me ne fregherò bellamente e continuerò a divertirmi.

Bè, piangere per questo motivo mi sembra quasi psicotico.
Io mi limito a un diffuso senso di apprensione / panico che mi prende prima dell'allenamento, perché so che l'allenatore sta per farmi un pajolo atomico... big_smile

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(42 risposte, pubblicate in Domande e dubbi sulla tecnica del Nuoto.)

Anche secondo me, capisco la libidine di fare lo scatto sui 25, ma in termini di "giochino"; un altro giochino intrigante (possibilmente, evitando di tirare le cuoia...) potrebbe essere la distanza che riesci a percorrere in subacquea, oppure nuotando a stile senza respirare.
Questi ultimi due, secondo me sono più costruttivi. Poi la subacquea te la puoi giocare in diversi modi: a dorso, su un fianco, in avvitamenti, con le gambe a rana, a delfino, a stile... E così fai un bel lavoretto, secondo me, anche costruttivo.

Prendere i tempi quando si nuota normalmente ha una importanza notevole, se ho capito qualcosa: io busco (=vengo ripreso) se il mio allenatore mi dice di fare le ripetute da 100 in 1' e 50" e magari ci metto 1 e 40".
Non ti saprei dire il perché nello specifico, ma mi è stato dato per impartito che è fondamentale riuscire ad avere costanza, a conoscere il proprio passo e distinguere il regime con cui si sta nuotando. Non credo ci sia altro modo di impararlo, se non prendendo i tempi.

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(42 risposte, pubblicate in Domande e dubbi sulla tecnica del Nuoto.)

LittleSte ha scritto:

nella fase propulsiva non mi ha dato grandiindicazioni

Forse, penso io, perché se per fase propulsiva intendi spingere bene contro l'acqua, è perché solo tu puoi sentire l'acqua dura quando spingi.
Non c'è una "ricetta segreta", un libretto delle istruzioni su come farlo.

Forse si è astenuto dal darti istruzioni per non rischiare di fissarti su un movimento appiccicato, che ti precluderebbe la possibilità di imparare a sperimentare le sensazioni che poi ti portano ad acquisire quel tipo di sensibilità.

Inoltre, non sono sicuro che guardare le mattonelle possa darti un'idea di quanto tu stìa andando forte, ed è anche difficile capire se stai scivolando bene: ok nuotare con spontaneità e fare tesoro delle proprie sensazioni, ma ancora più ok recepire le indicazioni di chi ti guarda dall'esterno.

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(42 risposte, pubblicate in Domande e dubbi sulla tecnica del Nuoto.)

Sono sicuro di aver fatto un 16" 'alto' in scatto dal blocco su 25 metri credo una decina di giorni fa, e 40", sempre in scatto dal blocco, su 50, forse un mese fa; però ricordo che alla fine di quella vasca l'allenatore notò che avevo mollato l'osso agli ultimi metri.
È da un po' che non facciamo degli scatti su 50, chissà se ho migliorato.

Il fatto è che voi non avete idea di come mi incasino per girarmi quando arrivo al muretto... -.-

Scusa LittleSte, se ci siamo permessi un piccolo excursus dal tuo topic.

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(42 risposte, pubblicate in Domande e dubbi sulla tecnica del Nuoto.)

Io ho 42 anni: ricordo benissimo un paio di anni fa che mi ero esaltato quando percorsi 25 metri in meno di 20 secondi per la prima volta.
Oggi, se si parla di solo 25 metri, ci metto circa 16 secondi.

Se lo fai per i fatti tuoi, ok. Ma se pensi in un futuro di gareggiare, ti suggerirei di cominciare fin da ora a ragionare in termini di 50 metri, e quindi di cominciare a esercitarti anche sulla virata.

Io non sono ancora riuscito a metabolizzarla, e quando sono sotto stress, perdo un mucchio di tempo al muretto...

Ti guarda qualcuno mentre nuoti?
Perché ad esempio il mio allenatore dice che quando ci fa fare vasche in rapidità, per quanto sia un po' più veloce, nuoto peggio della mia media, quando invece a me sembra il contrario.
E poi, non sottovalutare che il fatto di andare veloci è il risultato di tecnica (che in sostanza significa come applichi la tua forza), ma anche di quanta forza hai a disposizione.
L'una cosa è strettamente correlata all'altra.
Puoi essere un uomo potentissimo, ma se nuoti male, schivi l'acqua o magari non scivoli, e sei lento.
Puoi essere una pippetta, ma se se ti aggrappi bene all'acqua e scivoli bene, riesci a essere molto più veloce.

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(72 risposte, pubblicate in Tutto Master!!!!!!)

Condivido in pieno tutto quello che hai scritto: anzi, sebbene siano per la maggior parte donne, mi piace proprio di fare i "garini" con quelle del mio gruppo che sono a livello analogo al mio.

Non considero un fallimento il mio ultimo posto, credimi.
Tanti miei amici mi stimano per quello che ho fatto.
Considero questa mia esperienza (come dicevo, in piena condivisione con quello che hai scritto) un punto di partenza.

Fallimento sarebbe stato non fissare questo punto di partenza per paura di arrivare ultimo.

Poi, vero è che nessuno è obbligato a gareggiare, ma la paura di arrivare ultimo non dovrebbe essere la motivazione per non farlo.

Nel mio discorrere a braccio di questa esperienza nuovissima (non ho mai affrontato la competizione, nemmeno da adolescente), la lezione che ne ricavo, è che è necessario imparare anche a guardare in faccia la frustrazione.
Come dice Vasco Rossi "È la vita ed è ora che cresci".

Poi, io sono un "hobbista" dilettante del nuoto, non c'è frustrazione (e ancora, condivido il fatto che non agguanterò mai il nostro Di Giusto Nicola).
Ma vale la lezione di fondo.

Grazie del tuo contributo, mi ha dato molto.

In sostanza, mi sa che stai dicendo quello che pensavo anch'io (e correggimi se sbaglio):

se per "lavoro specifico" intendiamo specifico per preparare una certa specialità di gara, allora vale il principio di cui sopra, ovvero che prima bisogna costruire una base di resistenza.

Se per specifico invece si intende che uno non sa ancora nuotare bene, allora scannarsi di allenamenti, non è la priorità.

Mio caso personale: ho nuotato in un corso per una stagione con il mio allenatore, poi, visto il mio entusiasmo, e visto che gli dissi che mi sarebbe piaciuto gareggiare, mi ha proposto di prender parte agli allenamenti master.
Però gli dissi anche che secondo me ero ancora indietro di cottura, e mi aspettavo che mi avrebbe aiutato a colmare le mie lacune.

A onor del vero, non posso negare che se mi vede nuotare male non mi molla un attimo, sebbene io non sia certo l'atleta più gratificante del gruppo.

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(72 risposte, pubblicate in Tutto Master!!!!!!)

Ahahahah!! Ho recepito il messaggio!
Capisco quando dici che il mio discorso non ha senso: non ha senso nel pratico e calato nel reale di quello per cui uno (ad esempio io) fa queste cose.

Però il concetto che se ne estrapola, in linea generale ha un senso.
Come lezione per la vita: anche la circostanza di un successo o di un fallimento, che a volte è frustrante o immeritatamente gratificante, è uno scenario che si presenta nel quotidiano di ognuno di noi.
E come dire che facendo sport e gareggiando, speriamentiamo un modello di quello che sono poi le situazioni della vita.

E poi: perché è assurdo basarsi su quello che fanno gli altri?
Sono consapevole che a meno che non intervenga un qualche evento miracolistico, non avrò mai modo di competere con altri miei coetanei che hanno sempre nuotato con grandi doti atletiche; però, a un certo punto, il metro di paragone di una performance, non può che essere basato su quello di chi va più forte, di chi azzecca la performance migliore.
Volendo fare un volo pindarico, questo è anche l'apporto che i grandi atleti donano all'umanità: con i loro sacrifici e i loro successi, consentono all'umanità intera di esplorare i proprio limiti. Noi tutti, ora impariamo, come nuotare meglio grazie ai rischi e ai sacrifici che hanno fatto i grandi campioni.

Sto andando un po' a braccio, portate pazienza...

Non è che per questo mi darò alla rassegnazione: "Tanto non farò mai un tempo da applausi".
Probabilmente, anzi, sicuramente la natura del gruppo "Master" (io questa nomenclatura la detesto, mi sembra così pretenziosa...) è quella che descrivi tu, e forse devo ancora capire come viverla in pieno. Ad esempio, è statao occasione di riavvicinare un mio caro amico di Cento, discreto nuotatore; e mi ha sorpreso il fatto che mi abbia detto "Facciamo una gara insieme!", pur essendo che lui impiega 12 secondi meno di me per fare 50 metri...

Quando cominciai ad allenarmi con la squadretta della mia piscina, ero un po' disorientato dalla mole di lavoro che facevamo agli allenamenti.
Io mi dicevo: ho appena cominciato, come si può pretendere che faccia tutta questa roba? Che poi comincio a nuotare male!
L'allenatore disse "È necessario costruire una base di resistenza: bisogna che vi sforziate di portare a termine questi lavori con gli 'strumenti' che avete a disposizione. Poi si può cominciare a lavorare sullo specifico".
Va precisato che non si trattava di mille vasche a stile libero: abbiamo sempre fatto lavori molto vari in termini di tecnica, di stili e di ritmi.
Per altro, non ci molla un attimo su un'altra cosa: la concentrazione; ad esempio, ci riprende se durante le serie, perdiamo di vista i tempi di ripartenza, e spesso anche se non teniamo conto di quanto tempo impieghiamo a fare una ripetuta.

Ho parlato di questa cosa con una allenatrice di Roma che ho conosciuto a Livorno, e anche lei mi ha confermato che si tratta di un idea ben fondata, ma mi piace di condividerla con voi qua per sapere il vostro parere.

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(72 risposte, pubblicate in Tutto Master!!!!!!)

Ok, ne ho approfittato per imparare qualcosa di nuovo.

Però io penso anche che una lezione fondamentale che ho recepito da quel poco di sport che ho fatto negli ultimi anni, è che non ci sono appelli: in queste gare sono arrivato ultimo, questo è il risultato.
Penso che nello sport sia così: o ce l'hai fatta, o non ce l'hai fatta.
Sono troppo duro? Sto facendo il "tipo tosto"?
No: le cose stanno così, e secondo me è una gran lezione anche e soprattutto per i ragazzini, che imparano in questo modo il senso della responsabilità, imparano a non essere elusivi e a guardare in faccia le cose come stanno.

Non mi sto mortificando, credetemi, non sto cercando commiserazione: non credo sia una cosa vergognosa arrivare ultimi, e sto già cercando di concentrarmi su quali cose migliorare per fare meglio la prossima volta (maledetta virata!! smile )
Lo sarebbe trovare alibi, aver paura di fallire, di esporsi al giudizio degli altri; non dare il massimo perché hai paura di deludere te stesso.

Va bè, questa era la riflessione di getto del venerdì sera: più da terricolo, torno a ribadire che, senza nulla togliere all'impegno sportivo, queste cose sono un'ottima occasione di ricreatività e socializzazione.
Quindi, condivido pienamente i discorsi di Paolo: braccia aperte a un po' di goliardia, agli sfottò con gli amici, e agli eventi "corollario" delle nuotate: cene, turismo, etc etc.

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(72 risposte, pubblicate in Tutto Master!!!!!!)

Cosa significa che ho 678 punti? Come si computa questa cosa, e come si accumula?
Cosa significa il 70% del tempo base? In base a quali parametri o statistiche?

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(72 risposte, pubblicate in Tutto Master!!!!!!)

M40.

Ho confermato il tempo pre-gara nei 200 stile (3' 27") e sostanzialmente anche nei 50 rana (43" . 79).
Non ho fatto la virata con capriola: non ne ho dimestichezza, mi creava solo che patemi.

Ma comunque, credetemi, non sono rimasto deluso da questa mia prova; lo dico con massima sincerità e trasparenza.

Mi sono presentato al blocco con tre idee in testa: fare nuove amicizie e consolidare le "vecchie"; provare qualcosa di nuovo per vedere se mi sarebbe piaciuto; fissare un "punto di partenza".

Se una cosa la fai per la prima volta, non ha proprio senso dire se sei stato bravo o se non lo sei stato. Appunto perché è la prima volta!!
Bravo in confronto a quali parametri?

Probabilmente non sarei stato bravo se non avessi messo giù questo "punto di partenza".

Mi son tirato la zappa sui piedi da solo: al prossimo appuntamento, non posso esimermi dal migliorare! big_smile

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(72 risposte, pubblicate in Tutto Master!!!!!!)

Dicevo non son oriuscito a gestire la cosa, riferendomi appunto al video!
Arrivare, ambientarsi, capire, le gare...
Troppo preso!

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(72 risposte, pubblicate in Tutto Master!!!!!!)

Cavolo, ci tenevo tanto, ma non sono riuscito a gestire la cosa!
Tante belle (per noi) foto, ma troppo disorientato nel marasma di una situazione un po' caotica di suo, e che per me risultava nuovissima.
Sono riuscito a riprendere la staffetta delle mie amiche perché nel pomeriggio avevo preso un po' più di confidenza con il tutto, e secondo me è stata la gara più bella, per il nostro gruppo.
E poi hanno incassato un argento!

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(72 risposte, pubblicate in Tutto Master!!!!!!)

Porca vacca, sono riuscito ad arrivare ultimo in entrambe le gare.
Che dire... Grazie Signore per insegnarmi l'umiltà! smile

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(72 risposte, pubblicate in Tutto Master!!!!!!)

Paolo82 ha scritto:

Rileggevo adesso i 12x150 di Cirone, sono 1800 m...noi in A2 lavoriamo sui 1600 m, arriviamo a 2000 solo a fine stagione per le gare in mare.
Per cui Cirone, e' un lavorone, son due mesi che sei in squadra, sarebbe da stupirsi se riuscissi a finirlo, non il contrario... smile

Ne ho parlato anche con Marina: anche lei dice che con 2000 metri di allenamento ce ne sarebbe a basta.
Da qualche parte, non so dove, ho letto anche che lei valuta (sensatamente, penso) il fatto che in linea di massima stiamo parlando di gente che lavora e/o ha famiglia, e quindi spende energie anche per fare dell'altro.

Quella serie era comunque diversificata in vari modi, ora non ricordo di preciso: mi sembra di ricordare che fosse i primi 6 con pull, poi 4 con pinnette e 2 normali.

Altri nuotatori di lungo corso a cui ho chiesto un'opinione, comunque, mi parlano di sessioni fra i 2000/2500 e i 3000/3500; ma parlo di persone che hanno praticato il nuoto con grande sistematicità durante tutto l'arco della loro adolescenza.
A volte mi son fatto l'idea che l'allenatore abbia passato alcune settimane a "prenderci le misure", e in questi ultimi tempi abbiamo cambiato il tenore dell'attività: prima facevamo per lo più serie con ripetute anche abbastanza lunghe. Ora mi sembra che facciamo per lo più lavori più esplosivi, più di potenza: ripetute brevi, con recuperi abbastanza ampi; cambi di ritmo e tanto misto in tutte le salse.
Non tengo il conto dei metri che facciamo, ma secondo me nel complesso sono di meno, rispetto a qualche settimana fa.

Per chi volesse commentare, stasera abbiamo fatto un test sulle gare che farò sabato:

200 SL in 3' 28" (molto scostante su ogni passaggio ai 50; al secondo credo di averci messo quasi 10" in più del primo)
50 RA in 45"

ma ero molto stanco in generale: forse posso fare di meglio; fra l'altro non ho fatto le virate con la capriola.

Però sono soddisfatto: sono stato iscritto ai 200 con 3' 40", e sono contento di essere riuscito a gestire questa piccola performance su una distanza che per me è provante.

PS: e meno male che non ero motivato dal cronometro. Ho fatto solo che un test, e son già qua tutto con la fregola di vedere se farò meglio... big_smile

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(72 risposte, pubblicate in Tutto Master!!!!!!)

@Carla80:

Fondamentalmente, il motivo principale per cui faccio questa cosa, è l'aspetto ricreativo e socializzante: l'ho scritto tante volte anche su questo forum; è uno dei motivi fondamentali per cui preferisco l'attività dei corsi al nuoto libero.

L'idea di gareggiare mi stimola relativamente, per ora, e qui scatta il secondo movente ispirativo: forse proprio cimentandomi nella gara scopro un nuovo panorama di obbiettivi e di situazioni da vivere nel nuotare.

@Catullo:
non sono sicuro di essere uno "che da il massimo"; penso che sia difficile per chiunque capire, su sé stessi, se "ce n'è ancora" o se è meglio fermarsi. Credo anch'io che sia fondamentale l'occhio di chi ti conosce e valuta la tua attività dall'esterno.

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(11 risposte, pubblicate in Tutto Master!!!!!!)

Thorpe ha scritto:

un tipo di allenamento che ogni tanto propongo e che mi piace è  quello di alternare stimoli rumorosi diversi e l'atleta di deve impegnare a scattare a un determinano stimolo, che può essere un colpo di mani, un fischio, una parola, ecc... qualsiasi cosa

Secondo me una cosa del genere la fa anche il nostro allenatore: ci mette sul blocco, magari chiacchiera, ci distrae, e poi all'improvviso da il segnale.

Al di là di ciò, per quanto per me forse sia prematuro perché ancora governo in modo dozzinale il volo, a me succede che dal momento in cui sento il segnale al momento in cui avverto lo sbilanciamento, mi sembra che passi un'infinità di tempo!
Forse è una questione di sensibilità che si migliora col tempo? (Sensibilità inteso come capacità di pre-sentire lo sbilanciamento)

Ieri ad esempio ho provato a fare questa cosa: siccome una volta, in un video, qualcuno mi aveva detto "perché non afferri il blocchetto?", mi sono provato che dopo l' "a posto" mi sono sbilanciato leggermente indietro, in modo da sentire proprio le mani in trazione sul blocchetto, nella speranza di ottenere una specie effetto fionda.

Si fa così?

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(72 risposte, pubblicate in Tutto Master!!!!!!)

Guarda, anche l'allenatore solitamente se vede qualcuno troppo in affanno impartisce istruzioni analoghe a quelle che hai dato tu, ma ieri ho preso di mia iniziativa questa decisione.
Avevo proprio una sensazione come di "mancanza di benzina", non so come spiegarti; ho avuto l'impressione che insistere non mi avrebbe dato niente di più, e che prendere una decisione di mio avrebbe avuto maggior significato, nell'ambito della mia personale esperienza di allenamento.
Avrò fatto male? Non so, ma l'allenatore non mi ha contrariato (e di solito non è uno morbido se non facciamo bene il lavoro).

Beninteso, Paolo, apprezzo molto il tuo contributo, però forse ha valore anche trovare la propria personale consapevolezza in quello che si sta facendo.

Anche perché poi succede che ti prende una foga quasi "psicotica" di allenarti a tutti i costi, e di non mollare, e via dicendo.
E se un allenamento va bene, sei euforico; se va male, casca il mondo...
Questa cosa sta capitando anche a me, me ne rendo conto, ma è più opportuno posizionare il nuoto (come qualsiasi altra cosa) nella giusta scala di priorità che si intende dargli.

In quest'ottica, penso, aver preso la decisione di fermarsi un minuto può avere molto senso.


@Carla: anch'io farò i 50 rana, ma come M45; non so bene quanto potrei farmi valere se lo facessi con atteggiamento "bellicoso", temo di essere molto lento, in generale...
Questo appuntamento di Livorno per me sarà un punto di partenza, una base su cui cominciare eventualmente a mettere insieme la mia attività futura.
Però, secondo il mio allenatore, a rana mi esprimo abbastanza bene, e potrei anche fare un tempo "sensato"... smile

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(72 risposte, pubblicate in Tutto Master!!!!!!)

Lo penso anch'io, anche perché a quelli che sono più lesti vengono assegnate ripartenze diverse e a volte anche lavori leggermente diversificati.

Stasera, lo ammetto, ho mollato: a fronte di un lavoro piuttosto oneroso (12 x 150 diversificati in varia maniera), ho deciso di uscire dalla vasca e rinunciare agli ultimi due e mezzo, diciamo così.
Da una parte mi è dispiaciuto, però stasera è stato diverso da altre volte in cui non ero riuscito a completare una serie: solitamente mi prende un senso di affanno e di impotenza un po' claustrofobica; un po' di paura dell'acqua mi riemerge, diciamolo pure.
Stasera invece stavo mantenendo un buon livello di concentrazione, e non mi sentivo agitato.
Ho deliberatamente deciso di non fare le ultime due ripetute perché proprio non avevo più energia, e non per "paura".
E anche l'allenatore, che pure non esita a riprenderci soprattutto sulla qualità del lavoro, non ha avuto nulla da rimostrare.

Forse anche questo tipo di decisioni fa parte di una oculata "gestione del budget": a volte è opportuno rinunciare a ulteriori investimenti.

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(72 risposte, pubblicate in Tutto Master!!!!!!)

Condivido (e non potrebbe essere altrimenti, credo), ho espresso in modo dilettantesco un'impressione personale.

Quando nuoto e mi affatico, mi trovo come "alibi" il fatto che nuoto male.
Ora, questo ovviamente non è lontano dal vero, ma avrebbe senso in relazione a una data performance: se io e un altro nuotatore che nuota molto meglio di me avessimo da portare a termine lo stesso lavoro, evidentemente lui farebbe molta meno fatica di me.

Ma mentre nuoto, quando sopraggiunge la fatica, la mia indole fannullona mi manda su una vocina che mi dice "Ma non ce la fai! Non ti rendi conto che non riesci nemmeno più a nuotare? Guarda come nuoti male, per forza fai tutta questa fatica!".
Senza tener conto del fatto che c'è in più "l'impaccio" dello scambio respiratorio.

Tutti questi alibi correndo non li ho: eppure sperimento sensazioni di fatica molto analoghe. Addirittura, si consideri il fatto che correre per me vuol dire corsa in relax in campagna, senza assilli, e sforzandomi in base a quanto mi sento.

E allora ecco che mi viene da dire che devo sforzarmi di restare calmo e portare a termine il lavoro che mi sono prefissato con impegno e concentrazione.

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(72 risposte, pubblicate in Tutto Master!!!!!!)

Paolo82 ha scritto:

Ciro da quello che scrivi mi pare che in effetti tu non abbia ancora imparato ad affrontare e gestire la fatica.

Penso sia significativo il fatto che quando pratico la corsa sperimento sensazioni da affaticamento simili a quelle che provo nel nuoto: quando comincio ad accusare la fatica peno fatica a correre decentemente.
Collo rigido, spalle incassate, piedi striscianti, passo asimmetrico sono sempre in agguato, se non si mantiene la concentrazione.
A ben pensarci, potrebbero essere vizi esattamente "paralleli" a quelli che sperimento quando nuoto.

Però, oltre al fatto di non essere in grado di "formulare un piano di budget dello sforzo" in base al lavoro che ho davanti, secondo me c'è qualcosa di più: come dicevo all'ìnizio, io ho un atteggiamento elusivo nei confronti della fatica.
Secondo me la mia azione diventa disordinata perché mi sa fatica sforzarmi di restare concentrato, di guardare in faccia il momento di stresse costringermi a restare lucido.
E come se cercassi un alibi, come un bambino capriccioso che scalcia e si dimena perché non vuole studiare, quando invece sforzarsi di restare concentrati a studiare sarebbe l'unica cosa sensata da fare.

Secondo me, alla fin fine, visto e considerato che comunque le sessioni di lavoro che facciamo sono sempre estremamente varie e quindi diversamente stimolanti, può avere anche un senso cercare di fare i lavori lunghi "alla bell'e meglio", per così dire, a tutti i costi: anche solo per imparare a non farsi dei patemi.

Certo che io non so come siano gli allenamenti di altri sport, ma allenarsi al nuoto sono proprio volatili per diabetici...
E poi, se è vero, come certamente è, quanto Stefano spiegò in un altro post riguardo alla dotazione genetica che un essere umano si costruisce nell'età dello sviluppo in base alle attività che svolge, bè, allora io parto probabilmente un po' svantaggiato.

Può valere come scusa?... smile

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(72 risposte, pubblicate in Tutto Master!!!!!!)

stefano '62 ha scritto:
Cirone Furioso ha scritto:

Insomma, a me sembra che abbia poco senso che continuo a fare tutto questo lavoro se mi sembra di farlo male, voi cosa ne pensate?
Per altro, anche l'allenatore dice che la mia nuotata a stile è ancora involuta, e che è evidente che fatico più di quanto non riesca a produrre.

Significa che hai bisogno di diminuire il volume delle ripetute:cioè se (per esempio) fare 1 km suddiviso in 5 x 200 ti provoca quelle sensazioni,allora è il caso di trasformarlo in 10 x 100
Il volume totale resta invariato,ne viene abbassato ma solo di poco il potenziale allenante in termini di resistenza,e in cambio si favorisce una tecnica migliore e verosimilmente un aumento del numero delle ripetute e quindi del volume totale,riuscendo magari a compensare l'effetto sulla resistenza.

Ieri sera sarebbe stata un'occasione perfetta per esprimere questo ragionamento: dopo la prima parte di attività, il "piatto principale" è stata una serie 3 x 400 a SL, con ripartenze indicate per una velocità non impegnativa.

Avrei potuto tranquillamente proporre di spezzare il lavoro, magari facendo 3 volte 4 x100, ma ho preferito sforzarmi di cercare di portare a termine il lavoro impartito.
Ti spiego perché in base ad alcune riflessioni che mi sono fatto riguardo a, chiamiamola, la "gestione psicologica della fatica".

Supponiamo che io debba fare delle ripetute da 200 metri, anche non veloci: per me si tratta di un lavoro che recepisco come qualcosa che mi darà da penare, quindi parto con un po' di soggezione psicologica.
Eppure diverse volte poi capita che magari faccio quasi tutto il percorso bestemmiando tutti i santi, con la sensazione di non farcela più: arriva l'ultimo 25, e magicamente mi sento confortato e me lo faccio nuotando in tranquillità e magari accelerando un po'.
Ma non mi era sembrato di essere sfiancato?…

L'allenatore, ma anche altri istruttori con cui ho nuotato, mi hanno fatto notare che gestisco male la fatica; è emblematico come, durante il riscaldamento, tendo ad andare più veloce di quelli che invece normalmente viaggiano più di me.
Parentesi: io penso che sia anche un modo di compensare un ambientamento difettoso, a dire il vero; compenso il fatto di non essere bene a mio agio appoggiandomi sull'acqua, nuotando più freneticamente. Chiusa parentesi, qui non sarebbe costruttivo.

Quindi, da un punto di vista psicologico, "sperimentare" lavori lunghi, può indurmi ad avere meno soggezione di ripetute più brevi, che poi affronterò meglio, perché sono più rilassato.

In senso più generico, quando prima avevo scritto "mi manca la dotazione psicologica", intendevo dire questo: non avendo mai sperimentato la fatica, affrontare questi lavori mi consente di accumulare esperienza.
Come dire che imparo a capire quanta energia mettere a budget per fare un lavoro, senza lasciarmi prendere da patemi inutili, e quindi inducendomi a fare i lavori con più tranquillità, ergo, nuotando meglio.

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(803 risposte, pubblicate in Quinto stile)

Allora, offro stima e sempiterna gratitudine a chi mi offre un consiglio o un suggerimento per abituarmi a prendere la misura dal muretto...
Ho sempre paura di cocciare, e mi giro troppo presto.
Ma tanto troppo! Non riesco praticamente nemmeno a toccare il muretto con i piedi!

Cosa posso fare, avrei bisogno di qualche idea per imparare questa cosa gradualmente!