Seconde me la riflessione di Laurablu è azzeccata, e vorrei articolare il discorso: anch'io ho cercato di perdere di vista il fatto di allungarsi, ho capito che è relativamente significativo.
Descrivere una buona bracciata penso sia un'aspetto della grammatica del nuoto, per così dire, ma non si può imparare una lingua mandando a memoria le regole grammaticali.
A me è successo, come ho detto sopra, che nel momento in cui mi sono accorto che era necessario migliorare la bracciata, tutto il discorso della mia nuotata si è rivelato da rivedere.
Questo perché, correggetemi se sbaglio, la mia nuotata si era costruita intorno appunto a quel gesto scorretto: e così mi sono accorto che anche tutti gli equilibri sono stati da rivedere, perfino la gambata, ho sentito di dover rivedere la sincronia con le remate, e poi l'assetto, il ritmo della respirazione.
Per questo nelle mie prossime nuotate, non mi concentrerò eccessivamente solo sulla bracciata, ma cercherò di migliorare lo scivolamento con un assetto più idrodinamico (penso di provare le scivolate dal muretto con avvitamento), e poi studierò quella che il mio nuovo istruttore chiama "progressione" della bracciata: sentire la presa dell'acqua, sentire l'accelerazione mentre mi aggrappo all'acqua, e sentire l'inerzia dello scivolamento esaurita la spinta.
In quest'ottica, ho trovato sensato porsi l'obbiettivo di percorrere la vasca con il minor numero di bracciate, perché mi sembra una buona prospettiva per andare a trovare una nuotata efficace.
Poi, tra il dire e il fare, c'è di mezzo il mare.
O in questo caso, il cloro...
The ice caps are melting, Leonard.
In the future, swimming isn't going to be optional.