Vai Stefania, secondo me stai prendendo la strada giusta: punti sul cercare sensazioni costruttive, invece che fissarti sul pensare a come devi muovere gli arti.
Sentire l'acqua sui piedi vuol dire anche avere le caviglie morbide: a parte la tua personale mobilità dell'articolazione, puoi provare ad apprezzarlo provando a fare qualche vasca con le pinnette.
Però fallo piano, e magari partendo dal galleggiamento statico: l'idea è che (come tutto sommato anche per le braccia) devi capire che le gambe ti servono per muoverti in avanti, e non per galleggiare.
Quindi tu ti disponi in orizzontale, galleggiando; quando sei rilassata e pronta, cominci a muovere le cosce piano, per sentire che cosa succede, e cercando di non perdere l'equilibrio di galleggiamento.
Quando cominci a capire, provi a variare le intensità.
Io (opinione personale, ma che credo di ricordare di aver letto sul forum) sono dell'idea che nell'ambito di una propedeutica sia opportuno sensibilizzare la gambata prima della bracciata.

Detto ciò, potrai provare a fare l'esercizio braccia switch on/switch off con la gambata continua: ti accorgerai da sola che il bacino sarà portato ad avere una sua stabilità. Quando riuscirai a sentire la bracciata coordinata con la gambata ti sembrerà di volare. smile

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(10 risposte, pubblicate in Quinto stile)

A dirla tutta, non riesco a farla nemmeno a terra, anzi, è una cosa che temo forse ancora di più perché ormai "c'ho n'età" e non vorrei fare una mossa sbagliata e farmi del male.
C'è una carissima amica che nuota con me che è osteopata e chinesiologa, ex pallavolista, scienze motorie etc etc che una volta mi ha detto "sei imbranato come una capra; ma non hai mai gattonato da piccolo???".
E in effetti non si può dire che il mio bagaglio di esperienza in termini di atleticità sia particolarmente carico, anzi...

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(10 risposte, pubblicate in Quinto stile)

stefania.giacomella ha scritto:

l'istruttore si è messo a ridere e mi ha detto che era impossibile...

Questa mi piace, perché suppongo che sia il classico tipo di risposta che farebbe imbufalire Stefano.
Quante volte mi son sentito dire "più di tanto non puoi fare, perché c'è chi è naturalmente dotato e chi no".

Secondo me può fare la differenza fra chi diventa un grande nuotatore e chi no, e io penso che la frase sopra sarebbe meglio girata con "non sono capace di insegnarti meglio".
Attenzione, Stefania: lungi da me l'idea di voler essere polemico con il tuo istruttore. Sicuramente aveva fatto semplicemente una battuta. Sono piuttosto polemico con le persone che ho incontrato e che mi hanno detto quella cosa dell'attitudine personale.

Fortunatamente, l'acqua nel naso non è un mio problema: ricordo addirittura una volta che mi bloccai nel mezzo della virata e rimasi praticamente a testa in giù, e mi guardavo intorno sott'acqua cercando di capire dov'ero finito...

A me paralizza la sensazione del ribaltamento, e non riesco a trovare un modo per superarla in maniera sistematica, e per questo volevo sapere se c'è qualche utente che è riuscito a superare casi disperati come il mio.

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(10 risposte, pubblicate in Quinto stile)

Ciao,

fino all'anno scorso, in un certo qual modo, riuscivo a fare la virata a stile con la capriola.
Avevo dei limiti, sicuramente, sia dal punto di vista resistenza, sia dal punto di vista tecnico, ma comunque la facevo.

Una sera a fine allenamento l'allenatore mi ha proposto un esercizio, in teoria anche semplice: fare la capriola in galleggiamento statico, e provare a farla doppia (due volte consecutive).

Sarà, che ero stanco, sarà non so cosa, mi sono bloccato, e da allora non sono più riuscito nemmeno a farla come facevo prima. Paura, blocco psicologico, proprio.
Alchè, mi sono detto... pazienza... probabilmente è una cosa che mi passerà da sola, e un bel giorno tornerò a farla.
Invece non è successo, anche perché portare a termine gli allenamenti, per me che sono un mezzo pesce lesso, comporta una certa dose di impegno e di concentrazione; quindi, nella gestione del mio budget di energie, decisi di dare la priorità a finire gli allenamenti e alla qualità dei medesimi. Mi dissi che mi sarei dedicato con tutta tranquillità al tema della capriola nel corso della lunga pausa estiva.

E così ho fatto, e qualcosa ho sbloccato: ho cominciato prima a cercare di fare in una qualsivoglia maniera dove c'è fondo (sì, perché a voi farà sorridere, ma dove si tocca ho paura di cocciare contro il fondo...).
Poi mi sono detto: passi di bimbo; ogni volta poco, ma ogni volta qualcosina di nuovo.
E allora ho provato a riprendere in mano la progressione descritta nel sito.

Ora sono arrivato che riesco a farla dove si tocca, senza però farla contro il muretto. Faccio che parto, avanzando solo di gambe braccia ai fianchi, ne faccio un due o tre "a vuoto".
L'altro giorno, a fine vasca, ho provato a farla contro il muretto un paio di volte, e niente, ho dovuto smettere, perché mi stava tornando su il patema, e non vorrei che mi bloccassi di nuovo.

Quello che mi da più fastidio e la sensazione del ribaltamento: sento che mi irrigidisco con il collo istintivamente, e non c'è più verso di cacciar giù la testa. Questa cosa è tanto vera, che in effetti io non "scivolo" con la testa dentro l'acqua: mi pare di cacciarla giù, e credo che sia un segnale di quanto mi intimorisca questa cosa.

Ho pensato: ne faccio almeno anche solo due o tre, anche a vuoto, ogni volta che vado in piscina, e giorno dopo giorno, mese dopo mese, prima o poi dovrà pur succedere che questa paura mi passi; magari facendo anche altre attività attinenti che mi servano ad arricchire il mio bagaglio di esperienza motoria subacquea!
Però tante volte sono davvero tentato di metterci una pietra sopra, perché mi sta diventando una vera e propria psicosi, e mi guasta il piacere di andare a nuotare.

Vi è mai capitato di avere un corsista, un nuotatore, qualcuno che avesse un blocco così radicato e siete riusciti a farglielo superare?

L'acqua morta, o acqua dura, in sostanza è questo: metti una mano in acqua scuotendola un poco e poi muovi.
Poi provi a infilare la mano di taglio, senza scuotere, e spingere acqua tenendola di piatto, come fosse la pala di un remo.
Nel secondo caso incontrerai molta più resistenza, perché l'acqua è più... dura? smile

Ecco, quando dai la bracciata, se fai dei gironzolamenti con la mano a destra e a sinistra, un po' che muovi l'acqua, un po' che sfuggi l'acqua dura, capisci che non imprimi la stessa forza di spinta.

Capisci anche, a latere, che lo sforzo dovrà essere "sensibilizzato", perché non puoi tirare una manata forte a casaccio; devi tener conto della resistenza dell'acqua, dell'equilibrio del tuo corpo. Immagina una barca che tira una vigorosissima remata da ferma: come minimo si impenna, beccheggia; magari si rompe addirittura il remo.
Questa è una delle cose che fa la differenza fra chi viaggia in acqua e chi no.

È vero, c'è anche questa cosa del rollìo del bacino che è esageratamente evidente; però secondo me se impari a usare le gambe poi si stabilizza da sola.
Non sono sicuro che sia una buona idea usare la tavoletta; forse preferirei fare dei piccoli tratti di gambata per assaporare le sensazioni di propulsione.

Verissimo anche il fatto che incroci le braccia, ma penso che anche quello sia correlato con la poca sensibilità delle braccia nella spinta.
È una cosa che tendo a fare anch'io con il braccio sinistro; in effetti, si consideri che aggrapparsi all'acqua e spingere comporta un certo sforzo: svicolare in quel modo, secondo me, è una specie di trucca che le braccia vanno a inventarsi per completare la bracciata evitando di fare quello sforzo.
Se qualcuno ti dice di fare la "s" con le mani non dargli retta: devi essere tu facendo tanti esperimenti a sentire che ti aggrappi all'acqua e ti tiri in avanti.
In effetti, se fai come dice arinaldi, e cerchi di ruotare il braccio non incrociando, all'inizio probabilmente ti sembrerà di fare qualcosa di strano, perché sarai ormai abituata a imprimere un certo tipo di spinta con il braccio, che però si disperde in quel girotondo che fai con la mano.
E non solo: le tue sensazioni di equilibrio saranno parecchio disturbate, forse ti sembrerà come di "cadere", di perdere l'equilibrio.
Quindi, quando farai i tuoi tentativi, fai piano, e cerca di apprezzare come l'"acqua morta", come dice la tua amica, ti fornisce un punto d'appoggio più consistente; se senti che stai perdendo l'equilibrio, fermati e fallo con più calma.

E comunque, una cosa per volta: io penso che sia meglio che prima cominci a capire cosa fare con le gambe; poi ci innesti la bracciata.

Riguardo ai tuoi corsi: strano che i corsisti non siano un minimo distribuiti per livelli almeno vagamente omogenei, ma questo potrebbe dipendere dal bacino di utenza che la piscina ha a disposizione.
Io comunque, ribadisco, penso che uno dei valori più importanti dell'attività collettiva sia la possibilità di trovare altre persone con cui condividere l'esperienza del nuoto, che poi si può coltivare in amicizia anche al di fuori delle sessioni di corso.

Ci provo io, che professionista non sono, ma al limite qualcuno interverrà: un forum è fatto anche di queste cose.
Ho l'impressione che tu sia abbastanza a tuo agio in acqua, ma mi sembri un po' robotica in acqua: muovi le gambe e le braccia in modo sostanzialmente ordinato, ma senza combinare granché...
C'è di buono che mi sembra che galleggi bene, ma forse dovresti fare qualche passo indietro, e stimolare la tua sensibilità nell'acqua un po' su tutti i fronti.
Prova a metterti in galleggiamento statico orizzontale, poi pian piano a incedere solo di gambe; questo potrebbe essere un primo passo per imparare a sentire cosa devono fare le gambe; affiancherei a questo tipo di attività anche la gambata a stile stando in piedi dove non tocchi.
Poi puoi arricchire l'esperienza motoria gambe inserendo numerose varianti: con le braccia avanti, con le braccia lungo i fianchi, nuotando sui fianchi, e soprattutto variando le intensità.
L 'altro fronte è quello della bracciata, perché sembra proprio che le muovi in modo relativamente ordinato, però senza capire cosa debbano in effetti fare, come se le ruotassi per aria a vuoto; lì ci vorrebbero delle remate, ma sono un po' più a corto di idee al riguardo. Stando a quanto imparo sul forum, la nuotata a cagnolino serve a sensibilizzare le braccia per imparare come agganciare acqua. Potresti, anche lì, provare a mettere il pull buoy fra le gambe, galleggiamento statico, e cominciare a remare piano piano, cercando di sentire proprio le braccia che "remano" sull'acqua. Un esercizio tosto ma molto efficace che facevamo è braccia stile senza usare le gambe, partendo sempre in galleggiamento statico.
Puoi anche fare i classici esercizi stile libero con pugni chiusi o con mano aperta a ventaglio.

Il passo successivo dovrebbe essere imparare a sentire l'azione congiunta, coordinata e sinergica della gambata con la bracciata, e anche qui è un fatto di tua sensibilità personale che deve essere stimolata; io ad esempio faccio delle ripetute in cui eseguo gambe a stile costanti, e faccio pausa con le braccia braccia ogni tre bracciate, e viceversa (braccia che vanno continuamente, e gambe che fanno pausa e poi riprendono). E poi ovviamente le progression;  variazioni di intensità, anche incrociate: gambe in progressione e bracciata costante, e viceversa.

Ma... domanda: bene le lezioni individuali, ma perché non un corso collettivo? Io penso sempre che abbia il valore aggiunto incommensurabile della socialità, fra l'altro. Anche perché poi, da cosa nasce cosa: trovi nuovi stimoli nelle amicizie che fai, nuove compagnie con cui scambiare opinioni e praticare anche il nuoto libero, e via dicendo.

Ma sai Meg, ieri sera mi sono unito al mio gruppo, che a differenza del sottoscritto sta continuando a fare schede di allenamento abbastanza onerose: ebbene, c'era questo lavoro per cui si trattava di fare delle ripetute da 50 mt in B2 in blocchi da 4.
Siccome un po' non ne ho voglia, un po' che è da settimane che non nuoto "duro", l'ho un po' dimezzato, e ne ho approfittato per provare a fare i miei 50 respirando ogni 5. Ma sai che mi sembra di filare molto meglio?
Certo, le ragioni possono essere varie: forse la respirazione non mi viene proprio a regola d'arte; o forse, anche, quello che stavo facendo non mi metteva alla prova duramente, e quindi riuscivo a governare meglio l'attività.

Quello che descrivi è certo una sorta di escamotage che può contribuire a rompere la monotonia motoria e risvegliare la concentrazione. Già mi accorgo di farlo spontaneamente: se mi sento disordinato nell'azione, rallento un attimo, prendo fiato, faccio un tratto di 5 o 6 bracciate senza respirare per riordinare le idee, e poi cerco di ripigliare il ritmo.
Però quello che intendo con questo mio post, è un concetto che in qualche modo si avvicina più al concetto di posturale, piuttosto che di performante.
E trattandosi di attività straordinaria, (nel senso che non è che uno nuota con la medesima assiduità con cui sta in piedi o cammina), intendo posturale come funzionalità: mi viene in mente un articolo che aveva linkato a suo tempo Stefano sulla sua pagina Facebook.
Parlando di nuoto, con "funzionalità" intendo evidentemente ricercare qualcosa che mi consenta di svolgere una funzione, un lavoro nella maniera migliore e più efficiente possibile; avvicino questa situazione all'idea di "posturale" nel senso che si tratta di costruire una motricità che sia automatica come il camminare o il portare la forchetta alla bocca.
Io credo che nel mese di agosto mollerò schede di allenamento iper-faticose, e farò in modo di nuotare spesso, bene (per quanto mi sia possibile) e con lavori poco faticosi.
Penso ad esempio di fare delle sessioni con tante ripetute brevi nuotate con calma e riposo quanto basta.
Magari frammezzate da tratti che non siano a stile; che so, potrei pensare a 20 x 25 ad andatura controllata, riposi abbondanti, in blocchi da 5 x 25, dove farei ad esempio 4 x 25 stile + 1 x 25 (nuotata a piacere, anche solo gambe o solo braccia).
Il noto principio del "poco, ma spesso".
L'idea (la speranza) è che cervello e corpo "dimentichino" quello che sono abituati a fare in condizioni di stress, e che quando poi si ritroveranno in condizioni di stress, attingano come risorsa a una nuotata che sia quanto meno ordinata.

Quando nuoto (ma succede direi in tutte le attività: ad esempio anche quando corro), mi capita tipicamente questo:
mettiamo che parto per fare anche una cosa relativamente da poco, e da fresco, ad esempio 200 metri a stile senza forzare l'andatura.
Parto cercando di nuotare il meglio che posso, dosando le forze, e tutto sembra filare liscio: mi sembra di scivolare bene, respiro con disinvoltura a destra e a sinistra; di solito ogni tre in modo da ritmare anche la respirazione.
Dopo anche poco, magari 50 metri, comincio a perdere il controllo: il collo comincia a essere rigido, non riesco a governare la respirazione ogni tre; soprattutto comincio a essere asimmetrico. Mi accorgo che con un braccio spingo in modo diverso dall'altro, le gambe cominciano a zoppicare per compensare, e il collo si irrigidisce. Per altro, io credo che in questo caso comincio a usare in parte la bracciata anche per aiutarmi nella respirazione, per tirar fuori la testa.
Uno direbbe che comincio a stancarmi, che è normale.
Ovviamente questo stato di cose degenera con più l'attività che mi propongo di svolgere è lunga, o faticosa.
In ogni modo, se ad esempio decido di sforzarmi di percorrere ad esempio 800 metri, poi in qualche modo, anche "strisciando" e zoppicando, riesco a finire il lavoro.
Questo vuol dire che comunque ho a disposizione una nuotata "viziata", che però in qualche modo riesco a portare avanti; non dico indefinitamente, ma diciamo per amor di semplicità, a lungo. Quindi ci sono dei muscoli, che anche quando sono stanco, riescono comunque a combinare qualcosa.

Ora io vorrei capire questo: come fare per far sì che invece io riesca ad abituarmi a nuotare in modo decente anche in stato di affaticamento? Come abituare "i muscoli giusti" a fare il loro lavoro? Quale la strategia di base per consolidare in modo che sia ragionevolmente automatico nuotare in modo accettabile, invece che trascinandosi in acqua come un naufrago?...

Il mio allenatore (e anche un altro allenatore di Roma con cui mi è capitato di parlarne) sostiene che all'inizio è necessario sforzarsi di portare a termine lavori lunghi "con gli strumenti che si hanno a disposizione", per costruire poi la base su cui affinare successivamente la nuotata.
Io però nonostante tutto sono scettico, ho la sensazione che ci sia un modo migliore per costruire quello che credo si chiami il "fattore condizionale" senza poi abituarsi a nuotate zoppicanti e strascicate, e volevo parlarne qui con voi.

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(1 risposte, pubblicate in Tutto Master!!!!!!)

La piscina dove nuoto io propone un "corso master": si nuota tre volte a settimana, sempre con l'allenatore/istruttore.
Avevo anch'io molti dubbi; ne ho ancora, ma mi sono fatto convincere perché il gruppo era gente con cui avevo nuotato parecchio ai corsi, e perché l'allenatore era stato mio istruttore l'anno precedente.
All'inizio è stata durissima: avevo anche pubblicato un post al riguardo.
Gli allenamenti sono tosti, e generalmente non riuscivo a finirli.
Ma comunque, un po' grazie all'affiatamento del gruppo, un po' perché comunque avevo pagato tutto l'anno , ho tenuto botta.
Poco per volta ho cominciato a riuscire a fare gli allenamenti abbastanza bene, e per intero.

Nel nostro gruppo nessuno è uno squalo, però certo c'è chi viaggia di più, e chi meno.
Il nostro allenatore quindi organizza l'attività assegnando ripartenze calibrate sulle capacità di ognuno, e gestisce gli ordini di partenza cercando di fare in modo che ognuno si alleni in maniera decente.
Quasi sempre poi si prende due corsie (se c'è poca gente anche tre), così da suddividere i gruppi in modo omogeneo in base alle capacità dei singoli.

La mia esperienza con le gare: la prima non era particolarmente entusiasmante. Avevo molta soggezione, si trattava degli italiani UISP, e quindi la giornata in piscina è stato un caos infernale.

Poi la seconda gara: regionali UISP a Imola. Mi sono divertito parecchio. Da lì è cambiato un po' tutto, perché ho visto che potevo vivere la giornata di gare come un fatto ricreativo e sociale.

I mesi successivi infatti mi sono divertito un mondo, perché mi allenavo pensando alla gara successiva.

La gara dà un obbiettivo per motivare gli allenamenti; e quando arriva il giorno della gara è molto entusiasmante trovarsi con tanta gente che condivide la passione per il nuoto.

Nel complesso, questa stagione di nuoto è stata una vera e propria esperienza: è stato bellissimo condividere l'impegno degli allenamenti, quel po' di apprensione per le prime gare, e quando sei in piscina per la gara, per quanto io sia un nuotatore meno che mediocre (36" nei 50 a stile), non ho mai recepito nemmeno per un momento atteggiamenti di sufficienza nei miei confronti.
Ho sempre trovato un'atmosfera di grande rispetto reciproco, perché ogni nuotatore sa che per arrivare a fare una gara si è dovuto fare il mazzo.

Quindi, se per caso hai apprensione per cosa succede quando gareggerai, non ce n'è motivo.
Anzi, personalmente mi ha molto gratificato: per uno come me che ha imparato a nuotare a 35 anni, è stata una bella soddisfazione.
A quanto mi consta, per le gare "toste", sono i richiesti dei tempi di iscrizione, quindi non ti ci troveresti a partecipare.

Io credo che dovresti contattare la società che gestisce la piscina dove andresti a nuotare, e sentire cosa propongono loro per il nuoto master.

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(1 risposte, pubblicate in Quinto stile)

Ciao a tutti,

non sono del tutto sicuro che questa sia la sezione più adeguata per questo tema, ma tant'è; al limite non esitate a spostarla.

C'è questo fatto che il direttore di vasca ha posizionato il contasecondi a muro presso il lato della piscina dove non si tocca.
Quando ci alleniamo, noi facciamo generalmente le pause (non solo le soste: anche le pause fra una ripetuta e l'altra) dal lato opposto.
Abbiamo chiesto al direttore se fosse possibile spostare il contasecondi, ma lui sostiene che durante l'allenamento sia opportuno fare le pause dalla parte dove non si tocca: dice che sia una buona idea per contribuire al miglioramento dell'acquaticità.

Detto ciò, tutto il mio gruppo non ne vuole sapere; io, d'altra parte, penso che l'idea di fare le pause dove non si tocca, ai fini dell'allenamento, abbia un senso, e volevo sapere anche il vostro parere.

Grazie.

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(803 risposte, pubblicate in Quinto stile)

Per quanto non sappia fare la virata (o meglio: riuscivo a farla, ma poi mi sono bloccato, vai a sapere...), penso di poterti rispondere che mi capita di vedere qualcuno che prima di fare la capriola fa capolino con la testa per inspirare, ma non mi sembra una buona idea; anzi, credo di ricordare di aver letto che sia proprio da evitare, qui sul forum.
Per altro, anzi, mi viene in mente un amico, un nuotatore con una discreta esperienza, che si crucciava appunto del fatto che ogni tanto gli scappasse fatto di alzare la testa a respirare prima di girarsi.

Un allenatore con cui ho nuotato sostiene che un buon atteggiamento è quello di gestire l'approccio al muretto in scivolamento, qualora il timing della bracciata non sia proprio ottimale.

Mi sembra di poter affermare che tirar su la testa per respirare, a questo punto, comporti un rallentamento abbastanza sensibile.

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(8 risposte, pubblicate in Allenamento e Didattica del Nuoto)

Paolo82 ha scritto:

Secondo me invece vi fate troppe seghe mentali.

big_smile big_smile big_smile

Paolo, non posso darti del tutto torto...

Però comprendi che per uno come me, e forse anche fsol, che non ha mai affrontato la fatica (sportiva) da adolescente, imparare ad affrontarla ora (e che fatica!) è tosta! Anche considerato il rapporto problematico che ho avuto con l'acqua fino all'età adulta.

Ho iniziato quest'anno con la squadretta della mia piscina, e i primi mesi è stato sconforto (ho anche scritto un post di sfogo).

Poi, a un certo punto, quando ho fatto la seconda gara,  a Imola, ho visto che mi sono divertito parecchio, e lì mi ha preso la smania: sempre a pensare alla piscina, sempre a parlare della piscina, fissato a non saltare manco un allenamento. Anche perché poi abbiamo nuotato a Lugo, e quindi in previsione di quello mi ci sono dedicato anima e corpo.

Dopo quell'evento, mi sono un po' sgonfiato, e ho realizzato che l'attività del nuoto va relegata nell'ambito ludico; un hobby impegnativo, costruttivo, ma che è momento di svago. Mi piace diverto agli allenamenti perché poi ci sarà la gara; e partecipo allegare perché farlo è divertente, per tantissimi motivi; non ultimo la soddisfazione di vedere se si riesce a migliorare.

Al di là di ciò, sono comunque molto convinto circa le riflessioni che vi ho riportato sulla fatica e sul sacrificio.

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(8 risposte, pubblicate in Allenamento e Didattica del Nuoto)

Secondo me ci sta tutta.
Succede anche a me. Ora meno, ma i primi mesi era davvero una piccola angoscia, soprattutto il mercoledì, che abbiamo l'allenamento più intenso.

Penso che non ci sia una pezza: è una di quelle cose che bisogna ciucciarsi dalla botte, e che fanno la differenza fra chi ha un paio di testicoli e chi invece si fa metter sotto dalla strizza (metafora: anche le donne possono metaforicamente avere i testicoli, anzi!).

Che fare? Io penso autodisciplina; l'autocontrollo è una cosa si può esercitare. Si affronta la cosa in modo ragionevole, e soprattutto condividendo la cosa con chi sta nuotando con te, che è la cosa più bella di tutte.

Secondo me non ci si abitua mai alla fatica: è sempre "spaventosa" allo stesso modo. Non c'è un punto in cui puoi dire "ok mi sono abituato alla fatica".

Però questo è un grosso insegnamento che ho mutuato dal nuoto su tutte le situazioni della vita: nel lavoro, nelle relazioni, ad esempio. Sperimentare che si può mantenere il controllo in una situazione di fatica/sofferenza, gestire lo stress che questo comporta, consapevoli che alla fine esiste la possibilità di farcela.

"La fatica è inevitabile. Soffrire è opzionale". Ovvero, dipende solo da noi stessi riuscire a soffrire, oppure mollare l'osso.
E credo che questo sia l'aspetto più "spaventoso" di tutta la faccenda, perché evidentemente ti pone di fronte a un ineluttabile confronto con te stesso.
Non ci sono scuse, non ci sono raccomandazioni, non ci sono culi da leccare, inutili i soldini di papino.

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(14 risposte, pubblicate in Allenamento e Didattica del Nuoto)

Sulle schede non mi ci metto: chi te le invierà, ti spiegherà come usarle, suppongo.
Però permettimi di spendere ancora una parola sulle idee.

Io credo che uno faccia sport perché è divertente; parte del divertimento consiste nel costruire miglioramenti; per farlo, bisogna allenarsi; allenarsi, porta ad avere un fisico migliore.

Come vedi, in questo paradigma, essere "piacenti" è solo una conseguenza, l'ultima delle cose! Io trovo che sia davvero troppo riduttivo pensare di fare sport solo per affrontare la prova costume... Non porta a nulla, chiunque sia sano di mente si stuferebbe subito di far fatica per questo motivo!

Concentrati su quanto sia divertente nuotare, prima di tutto; e quanto sia infinitamente più divertente farlo con degli amici.
Questo è un valore dell'attività corsistica che è preziosissimo, al pari del fatto di imparare a nuotare (alla fin fine: mica devi fare le olimpiadi).

Ma è pur vero che, come mi insegna Marina, lo sport è un percorso diverso per ognuno di noi wink

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(2 risposte, pubblicate in Quinto stile)

Credo di esserci abbastanza: mi penalizzano la mia dozzinale acquaticità in subacquea e la scarsa capacità di usare le gambe a delfino.
Farò mio l'accorgimento di di usare lo sguardo/testa come timone per capire dove sono.
Qui si vede la virata che tanto mi è costata a Lugo:

https://youtu.be/lVEhVUGmx9M

io sono con la cuffia nera, nella corsia più vicina.

Non si vede abbastanza bene da capire con precisione cosa sto combinando, ma è drammaticamente visibile il rallentamento quando emergo.
Per altro, nel video originale, si vede un po' meglio, e forse forse dopo la gambata ho fatto una bracciata di troppo sott'acqua.
Sarebbe da squalifica?

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(14 risposte, pubblicate in Allenamento e Didattica del Nuoto)

Eh, no cenare prima di nuotare = male!!
L'organismo sarebbe troppo impegnato a fornire le energie necessarie per la digestione, non rendendole disponibili per l'attività!
Anche lo spuntino di pomeriggio, non meno di due ore prima della piscina. La banana è un frutto impegnativo da digerire!
Anch'io mangio dopo, e cerco di gestire la cosa in modo tale da preparare la cena con rapidità.
Comunque, il lavoro che hai descritto sopra, non è particolarmente oneroso, e quindi non mi farei troppi patemi. Come detto, una volta cominciato, imparerai da solo a regolarti su cosa, come e quando mangiare.

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(14 risposte, pubblicate in Allenamento e Didattica del Nuoto)

Io, come per tante altre cose, ho fatto mio due principi fondamentali che ho imparato da Stefano in questo forum: 1 - che il nostro corpo è una macchina fatta per funzionare, e 2 - che la fame è il parametro più sensato per sapere quanto, e io credo anche cosa, mangiare.

In virtù di ciò, quando cominci a "usare il tuo corpo", tutto si riattiva: istintualmente si è portati a desiderare di mangiare quello di cui si ha più bisogno.
Io molto semplicemente faccio questo: qualche ora prima dei pasti cerco un attimino di pensare a cosa ho voglia di mangiare. A volte mi viene voglia di pasta, a volte di carne, talvolta ci metto il pesce, quasi sempre mangio verdura di ogni tipo, e mangio frutta soprattutto a colazione, di tutti i tipi. Ma a volte mi capita che faccio anche colazione salata, tipicamente con una spremuta di agrumi e uova al tegame con prosciutto o speck.
Va detto che, di mio, un po' perchè mi piace così, un po' perché sono un pessimo cuoco, io mangio cose molto poco elaborate: se mangio carne o pesce, lo faccio sempre alla piastra; se mangio verdure, le mangio quasi sempre in insalata, al limite lessate.
Curiosamente, mi sono anche abituato a non usare più il burro quando mangio la pasta, che il più delle volte mangio in bianco con olio e formaggio grattugiato; e inoltre mi sono anche abituato a usare molto meno il sale.
Non ho mai avvertito l'esigenza di rifarmi a un programma di alimentazione, e, ripeto, mi conforta in ciò quanto imparo in questo forum.

Anch'io faccio piscina verso le 20.00: nei giorni in cui vado a nuotare, mangio una banana verso metà pomeriggio, tutto lì.
Al limite, se l'allenamento è stato particolarmente intenso, succede che la mattina dopo a colazione sono più affamato.

Insomma, se cominci a muoverti, tutto il resto comincia funzionare meglio di conseguenza.

Altra cosa, che non solo, ancora una volta, ho letto in questo forum, ma che mi ha suggerito anche il direttore di vasca: durante gli allenamenti, non è necesario usare integratori. Anzi, penso di poter dire che è vero il contrario. Il nostro direttore ci ha consigliato fin dall'inizio della stagione di tenere sul muretto solo la bottiglietta dell'acqua.

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(14 risposte, pubblicate in Allenamento e Didattica del Nuoto)

A spanne, mi pare di sì, solo che quelli di Nuotomania mi pare siano meglio perché assicurano una varietà più ampia.
Potrebbe dipendere anche da che nuotatore sei, ma in ogni caso, sia il "programma" che descrivi tu, sia quelli del sito comportano un lavoro piuttosto blando.

"Programma" (quello del tuo corso) fra virgolette, perché anche a un'occhiata superficiale vedi bene che le schede del sito sono molto più strutturate.

71

(14 risposte, pubblicate in Allenamento e Didattica del Nuoto)

Io credo che partire a fare sport per buttar giù la pancetta sia un'idea che ti porterà poco lontano: secondo me ti stufi alla svelta, non c'è una motivazione fondata e realmente gratificante.
Fossi in te, mi concentrerei sull'idea di trovare un'attività che ti risulti divertente. Se ti piace nuotare, potendolo fare, sarebbero soldi molto meglio spesi se ti unissi a un gruppo tipo un corso di nuoto, o una squadra master (se sei in grado di farlo); oppure un gruppo di amici con cui ti trovi (potreste valutare di prendere la corsia per un'ora, ad esempio). Oppure se ti piace correre, andare in bici.
L'attività in gruppo è più stimolante, più divertente, hai un contesto che ti porta a tirar fuori risultati che non ti saresti manco immaginato.
Quando poi avrai ingranato, allora lì comincerà probabilmente a scattare il meccanismo "più fai e più faresti", ed è lì che ormai ti sei abituato ad avere quel tot di spazio alla settimana che dedichi allo sport e guai a chi te lo tocca, e naturalmente comincerai a desiderare di fare sempre un pochino di più.

Le schede per principianti di Nuotomania possono andare, come dici, se sei un po' sedentario e devi ricominciare a ingranare; ma come dice bds per cambiarsi il fisico bisogna farsi il mazzo sul serio.
Fino all'anno scorso io facevo i corsi, due volte la settimana; mi sembrava di faticare, e un poco sono cambiato.
Da quest'anno mi sono iscritto alla squadretta della mia piscina: tre volte la settimana sempre con l'allenatore. Ti assicuro che ogni volta torno a casa barcollando...
Questo mi ha cambiato ancora un poco, ma non è che sia diventato un atleta da rivista.

Con questo voglio dire che per cambiarsi il fisico evidentemente bisogna farsi proprio un mazzo così, e secondo me da soli è quasi impossibile; sicuramente è un po' triste...

Quindi la mia opinione è che la priorità dovrebbe essere di pensare a cosa per te possa essere divertente e gratificante. Poi dopo le schede e i programmi saranno un "accessorio", come è giusto che sia, penso.

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(2 risposte, pubblicate in Quinto stile)

Ciao a tutti,

mi capita di frequente di non azzeccarci per niente quando al termine della subacquea a rana (sia dopo la partenza, pià spesso dopo la virata) devo riemergere dopo la gambata.
Mi succede che in pratica mi ritrovo a riemergere non dico in verticale, ma l'emersione non è lineare, e quindi in pratica riemergo senza sfruttare l'inerzia della spinta. Nell'ultima gara che ho fatto è stata una cosa macroscopica: ricordo di essere andato troppo in profondità, in quel caso, e di aver gestito male l'apnea, quindi ho cercato la superficie perdendo il controllo della situazione.
Ma questo è uno dei casi.
In sostanza: come allenarsi a "regolare" la profondità della subacquea? Non è mica facile neanche capire quanto si è sotto, in effetti!
E come allenare il momento abbastanza cruciale della riemersione per uscire belli filati senza perdere l'abbrivio della spinta? Trovo che a rana, per sua caratteristica, sia più complesso che a stile.

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(8 risposte, pubblicate in Domande e dubbi sulla tecnica del Nuoto.)

Io uso questa cosa anche un po' come "barometro" per dosare lo sforzo nei lavori lunghi: se comincio ad aver bisogno di respirare ogni due, e soprattutto  se comincio a riuscire a respirare solo a destra (il mio "lato buono") mi dico che probabilmente sto sforzando troppo.

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(8 risposte, pubblicate in Domande e dubbi sulla tecnica del Nuoto.)

Ho preso una mezza abitudine per cui, quando ho l'impressione di stare nuotando disordinatamente, faccio un po' di metri respirando meno frequentemente per recuperare la concentrazione sull'assetto. Per fare questo, evidentemente, devo un pochettino mordere il freno; d'altra parte, così facendo, recupero concentrazione, e mi pare di nuotare più velocemente.
Generalmente, è più conveniente spingere quanto ce n'è e respirare tanto, o è meglio non raschiare il fondo e contenere le respirazioni per mantenere l'assetto il più filante possibile? Ha senso farsi questa domanda? visto e considerato che si è scritto allo sfinimento che si respira quando si ha bisogno in relazione a cosa si sta facendo?

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(5 risposte, pubblicate in Allenamento e Didattica del Nuoto)

Ma sai che da che ho letto questo post, ho notato che anche a me capita di avere del prurito.
Leggero, non necessariamente fastidioso, o problematico; mi capita quando faccio la doccia (che è evidentemente calda) a fine allenamento, specie sulla testa. Va detto che io sono pelato, quindi questo causa una gestione della temperatura, a livello di metabolismo, diversa da quella di chi ha i capelli, e idealmente non corretta, vista la funzione specifica che rivestono i capelli in questo senso.

Alla luce di ciò, e delle considerazioni fatte, senza alcuna cognizione di causa, mi sento di poter dire che forse puoi provare a smorzare bruschi cambiamenti di temperatura; potresti provare a fine allenamento a restare qualche minuto in ambiente vasche (forse meglio con l'accappatoio...), fino a che non senti che cuore e circolazione si sono "calmati", poi entrare nello spogliatoio (che generalmente e meno caldo), acclimatarti quanto basta anche lì, e infine fare la doccia.

Oppure potresti provare a vedere se cambiando qualcosa non ti succede più. Ad esempio non facendo la doccia in piscina, ma aspettando di arrivare a casa.
Oppure ancora, se ti è possibile, potresti provare a fare una sessione di nuoto in una piscina diversa dal solito.

Se questo fenomeno presenta delle stagionalità, io proverei anche a fare test diagnostici: per quello che vale, sento dire da più parti che allergie di diverso tipo possono insorgere anche in età adulta. Voglio dire che magari non hai mai accusato problemi di allergie stagionali (ad esempio, pollini, graminacee), e sottovaluti il fatto che che possa essere quello.