Uscendo dal campo didattico
e tornando in quello scientifico, negli
anni passati qualche tentativo di studio
era già stato intrapreso, ma sempre e
solo in campo sperimentale. Secondo
Schleihauf, uno dei primi studiosi del
nuoto moderno, la propulsione ottimale
si aveva con le dita chiuse e con il pollice
leggermente abdotto. Verso le fine
degli anni Novanta, altri studiosi
conclusero che una leggera
apertura delle dita della mano
non influenzava in maniera significativa
la velocità di nuotata,
mentre allo stesso tempo altri
scienziati erano convinti che la
mano anche leggermente aperta
producesse più propulsione.
Allo stesso tempo, guardando
sia le gare di nuoto che gli allenamenti,
la dinamica era assai
ampia: chi aveva le dita completamente
ravvicinate e chi le
teneva leggermente (non completamente)
distanti. La verità
è che i nuotatori basano molto
spesso la loro tecnica sulla loro
senso-percezione, che è molto
individuale, soprattutto in questo
aspetto. Insomma nessun vero
riscontro scientifico! In questo
nuovo studio, i parametri introdotti
sono stati i soliti: area del
corpo (la mano in questo caso),
densità del fluido, coefficienti di
lift e di drag, angolo di attacco
della mano e velocità. Il parametro
innovativo presente è stata la
distanza tra le dita che è stata
fatta variare da 0 (mano chiusa)
a pochi millimetri (mano leggermente
aperta). Dunque sono stati
introdotti i diversi casi relativi
alla differente disposizione delle
dita, dopodiché confrontando
i risultati prodotti dalle simulazioni
si è effettuato un confronto
definitivo. A partire da queste
considerazioni, calcolando il
contributo delle due forze propulsive
(lift e drag) esattamente
come negli studi precedenti, si
è giunti a confermare i principi
biomeccanici ormai consolidati
da tempo fornendo delle indicazioni
più precise sul ruolo delle
dita. Infatti per quanto riguarda
l’apporto del drag, per angoli di
attacco ottimali, la soluzione delle
dita leggermente distanziate (intorno
ai 3 millimetri) produce una
maggiore propulsione, anche del
50%. Mentre nel caso del lift i vantaggi
delle dita aperte non sono significativi,
il fenomeno risulta piuttosto
indipendente. La spiegazione
di questi risultati è la seguente: una
leggera apertura della mano porta
all’aumento della resistenza applicata
all’acqua. Un tale aumento del
drag, per piccole distanze non causa
maggiore attrito, ma aumenta la
superficie di presa, e può essere
sfruttata in maniera positiva. Questo
perché le dita sono si distanti,
ma non abbastanza da permettere
all’acqua di fluire liberamente, evitando
così la persistenza dei vortici,
come accadrebbe invece con la
mano leggermente aperta. Mentre
nel caso della portanza, è normale
che l’apporto propulsivo non migliori
o tenda a diminuire, dal momento
che le dita distanziate fanno
diminuire la differenza di pressione
tra i due lati della mano. In definitiva,
questo approccio di studio dei
fenomeni natatori, non deve essere
visto come uno strumento per stabilire
una serie di dogmi, ma come
una possibilità per fornire delle indicazioni
tecniche per espandere il
numero di soluzioni a disposizione
dei nuotatori e degli allenatori. Di
sicuro, prima di qualsiasi forma
di allenamento, la velocità di ogni
nuotatore dipende solo ed esclusivamente
dalle sue caratteristiche
intrinseche, quindi dal suo corpo
e dalla migliore applicazione della
forza disponibile. Per capire questo
concetto emergono sempre
nuovi dettagli, ma che a breve si
riveleranno sempre più dei fondamentali
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