Nuoto in acque libere: definizione e concetti

(di Roberto Ruggiu, www.ambrosiafitness.it )

Il regolamento della FIN (Federazione Italiana Nuoto) nella parte concernente il settore acque libere, cioè le competizioni che hanno luogo “in acque aperte” come laghi, mari, fiumi e canali balenabili, distingue le diverse prove di nuoto tra mezzo fondo (da 0 a 4,999 chilometri), fondo (dal 5 a 11,999 chilometri), gran fondo (da 12 a venticinque chilometri), maratona (oltre il venticinque chilometri ). Il nuoto di fondo non è solo una competizione dove fatica fisica e stress mentale sono indissolubilmente legati, è anche un modo di uscire dalla, di sentirsi diversi dagli altri. Il nuoto di fondo in acque libere è un vero e proprio stile di vita. Nella ricerca del ritmo perfetto ci si sente vivi, fusi con l’elemento acqua; dimostrare qualcosa a qualcuno passa in secondo piano di fronte alla sensazione di aver scoperto una forma indefinibile di appagamento nelle azioni che si stanno compiendo.

Nuotare diventa così oltre che un’ottima pratica fisica, una meditazione in movimento e la forma migliore per praticarla è quello che gli statunitensi, come nuovo sport di tendenza, hanno definito l'”open water swimming”, nuotata in acque libere, la nostra “nuotata in mare”.

Venticinque chilometri sono già tanti anche solo a pensare di percorrerli in terra, ma in mare diventano un’enormità.

  • partire con una condizione meteorologica favorevole non sapendo quanto questa possa ancora durare;
  • uno sforzo che si protrae per molte ore, in condizioni completamente diverse da quelle a cui si è abituati;
  • la necessità di combattere il freddo;
  • la monotonia del gesto che invoglia la corsa del pensiero verso nessuna meta o, peggio ancora, verso paure razionali e irrazionali;
  • il rischio di trovarsi in difficoltà per le avverse condizioni ambientali;
  • la voglia di abbandonare, ma anche la sfida, la voglia di superare i propri limiti.

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