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Rapporto atleta allenatore master. QUESTIONE E DISCUSSIONE APERTA!

Nuotatori master dopo evento sportivo

(di Andrea Pantalei)

Prendendo spunto dalle domande sorte tra media e appassionati in riguardo alla contestazione delle Pellegrini, potrebbe essere interessante instaurare un discorso (fatto tra noi Master ed Agonisti) immaginato come una piacevole tavolata rotonda dove tutti intervengono in base alle loro esperienze e sensazioni.

Tra il sacro ed il profano, tutto potrebbe partire dalla domanda da me posta …..

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Andrea Pantalei “Come dovrebbe essere il rapporto tra Atleta ed allenatore (Agonista o Master)?”, il tutto in relazione sia alle aspettative che ai risultati, ed anche ad altri elementi come la programmazione, la fiducia, la professionalità non escludendo amicizia e rispetto.

Il Primo ad intervenire in questa immaginaria tavolata è Alessandro Brugiolo (Brugiols per me) con la sua tipica … apertura: “Dipende”

Andrea Pantalei: “da cosa Brugiols?” e vado a fare una domanda … dopo un anno di programmazione l’atleta non raggiunge i risultati previsti o sperati ….cosa si dovrebbe fare o meglio come affrontare (lato atleta e lato allenatore) la questione? Io atleta o sono una sega, o non sono una sega ma non ho seguito alla lettera gli allenamenti … o non sono io la sega ma l’allenatore ha sbagliato ….. ed ora cosa si fa?

Premetto che non voglio essere polemico … ma solo vedere il modo di ragionare … e di comportarsi … portando ad esempio Me come master .. ne ho cambiati di amici allenatori e metodologie … (e sono una sega) … od atleti come la Pellegrini …. che ha “licenziato” Il Moro … poi Lucas e dopo ancora Bonfiacenti

Come si sceglie un allenatore … o meglio una metodologia? … contano le strutture ed il peso politico e forza della società … o meglio pane amore e fantasia di due cuori ed una vasca? …. ed arrivati ad un certo punto … è meglio cambiare radicalmente? … e se si a quale punto operare la scelta?

Marco Davani: Dipende se sei master o agonista. Sono due rapporti diversi dovuti principalmente alla maturità dell’atleta. Se da Agonista si dice che il miglior atleta è quello che non pensa, esegue e basta, da master tutto ciò è improponibile. Intanto la cosa principale è il feedback e lo considero bilaterale. Se da una parte per il coach è fondamentale un feedback dello stato psicofisico dell’atleta per l’atleta è fondamentale un feedback del coach sotto il profilo psicologico. L’allenatore deve dare sicurezza mentale al proprio atleta e fargli capire che se anche non è il migliore della squadra è tenuto in considerazione come tutti gli altri. L’atleta da parte sua, se si affida ad un allenatore non deve mai metterlo in dubbio durante la stagione, e questo è molto più facile con un agonista che con un master. Cercare di capire per un adulto è normale. Dubitare è pericoloso. Se poi i risultati non arrivano si devono analizzare le cause insieme e se viene meno la fiducia reciproca lasciarsi!

Andrea Pantalei: allora pongo un paio di domande: è importante la squadra ossia degli atleti con quali confrontarsi di pari o più alto livello? o meglio una squadra piccola dove si è il più forte? è importante la struttura (vasca, palestra etc etc)? ma se al termine di una stagione il risultato non è arrivato come analizzare le “colpe” e le alternative. E Scrivo … Tipologie .. metodi di allenamento … come sceglierli e come fare il feedback?

Marco Davani: La squadra è relativa, l’unica cosa che posso dire che si deve nuotare in un ambiente sereno, poi per me il nuoto è uno sport individuale e tale resta anche durante l’allenamento. Quindi la dimensione della squadra è proporzionale alla capacità della guida a mantenere l’ambiente esterno. Per quel che riguarda la struttura è ancora più relativo, l’unica cosa fondamentale è l’accesso alla vasca da 50 per il resto quando si nuota non mi importa nulla se c’è l’idromassaggio o ci si cambia sul bordo vasca. La palestra è fondamentale per un agonista, molto meno per un master. Per quel che riguarda le colpe è abbastanza semplice, ma qui c’è bisogno di un confronto onesto, se non si è capaci a farlo tanto meglio dividersi.

Marussig Fabio: ‎…non facile discussione… io sono allenatore, consigliere e motivatore di me stesso… comunque ci penso e intervengo…

Elena Rigon: Io anche se non invitata partecipo. Non riesco a seguire nessun allenatore, preferisco sempre auto gestirmi… Credo sia un mio limite

Dario Rosselli: Per quel che mi riguarda, il rapporto con l’allenatore è fondamentale. Non riuscirei a fare una sola settimana di allenamenti senza un allenatore a bordo vasca che mi da un allenamento e mi segue durante lo stesso. Da Master (da agonista non saprei perchè non lo sono mai stato) ritengo fondamentale affidarmi quasi completamente alla mia coach. Ne ho una fiducia completa. Spesso sento il parere di altri, i loro allenamenti, i loro “segreti” e mi sembra che possano allenarsi meglio di me, poi però in gara, specialmente negli appuntamenti cruciali della stagione, io faccio sempre benissimo, sono al top della forma psicofisica. Ogni anno, per esempio, faccio le mie migliori prestazioni annuali ai campionati italiani. Vorrà pur dire qualcosa, no? La vasca ideale è senza dubbio la 50 e per un master i compagni di squadra sono una seconda famiglia, quindi, importantissimi. Il nuoto è di una noia mortale, meglio avere degli stimoli con compagni più forti da emulare e più scarsi da sfottere un pò per farsi due risate. Per il resto se la squadra è numerosa meglio, tanto in corsia c’è comunque un limite e di certo non mi da fastidio avere le corsie accanto piene. L’allenatore ideale è quello che costruisce gli allenamenti su di te, o quantomeno li adatta mano a mano, che ti prende i tempi, che ogni tanto ti corregge (penso che anche la pellegrini ogni tanto venga corretta), che ti sprona quando non hai voglia e ti bastona quando non ti impegni ma sa dirti la parola giusta prima delle gare. La mia coach sa toccare le corde giuste e poi ….. beh poi ci sono io che so perfettamente cosa fare. In 6 stagioni ho cambiato 2 squadre e tre allenatori e so di cosa parlo. La squadra piccola dove ero il più forte non andava bene perchè non avevo un confronto costante ne uno stimolo. Certo facevo il figo, ma a che serve se poi prendi bastonate in gara dagli altri?? I primi due allenatori erano uno troppo egoista e quasi invidiava i miei risultati ed il prestigio (parolone solo per rendere l’idea) che stavo sviluppando. l’altro invece era troppo remissivo e non gliene fregava molto se vincevo o perdevo. Entrambi erano bravi ad allenare ma ripeto, un pò più scarsi nel rapporto umano. L’attuale invece ha proprio tutto e fin quando non sarò costretto a cambiare andrò avanti così.

Andrea Pantalei: Anche se pongo una domanda che può avere una risposta diversa se si è Assoluto o Master (e notare che non ho scritto agonista .. perchè credo che entrambi in un certo senso lo siamo): Se il risultato non arriva come si analizza e come si affronta il rapporto con l’allenatore?

Francesco Pettini: Allora: pria di tutto ci dici che ti sei fumato stamattina per svegliarti con questo dubbio amletico!!! Poi vediamo di risolvere il quesito che si può sintetizzare in: è nato prima l’uovo o la gallina? Seriamente dico il mio pensiero. Assunto o premessa: l’allenatore è indispensabile ma la differenza fra un bravo allenatore e uno scarso è solo che quello bravo non combina guai!! Un campione diventerà tale per le sue proprie qualità che potranno essere solo “esaltate” da un bravo allenatore, mentre un allenatore scarso può fare casini e limitare fortemente i risultati di un potenziale campione! Il fuoriclasse è quello che unisce talento, tenacia, spirito di sacrificio con un buon allenatore.

Ho fatto l’agonista con allenatori bravi e non, faccio il master e l’allenatore master e ove riesco a fare differenza è per l’applicazione specifica alle caratteristiche dell’atleta e non per la ripetizione pedissequa di schemi generali già pre impostati….

Lucia Bussotti: Comunque tornando seri…un allenatore master dovrebbe essere: un grande cultore della tecnica, perchè i nuotatori master non sanno nuotare! dovrebbe essere ”elastico” e non un dittatore e dovrebbe essere realista…non dare false aspettative.. insomma un buon amico con cui si possa interagire e di cui ci si possa fidare!

Francesco Pettini: si Lucia sono d’accordo…come dicevo prima è l’allenatore che si adatta all’atleta e non viceversa..nei master poi ancora di più.. e sulla tecnica non sai quanto sono d’accordo…mi viene una rabbia quando qualcuno mi risponde : “tanto io nuoto così”…davvero non lo capsico!!

Alberto Montini: Vi dico la mia teoria: fai sempre tutto quello che ti dice il tuo allenatore! Se andrai forte lo ringrazierai…. se andrai piano darai la colpa a lui! (e questa mi sembra la sintesi del Pellegrini Pensiero Ndr)

Fabio Cavalli: come non quotare Alberto? ciao a tutti e: panta pensa alle vacanze!

Marco Mattia Conti: Ciao Andrea, sai bene che sono allenatore, di me stesso e di altri sia agonisti che master, il problema tuo credo stia nella fiducia tra atleta-allenatore, da quello che dici, tu non ne hai molta, forse i risultati o le sensazioni in allenamento l’hanno minata; ricorda che se cambi allenatore il cambio di metodologie ha bisogno di tempo per dare i primi timidi effetti, ancor di + in un master maturo come ormai sei tu. Io dico sempre fiducia cieca, poi a fine stagione si tirano le somme, ci si siede e si parla, al limite amici come prima…ma cambiare troppo spesso non ti gioverà; tecnica, chilometri, metodologie vengono dopo.

Alessandro Vallesi: bella discussione, sarebbe carino farla attorno ad un tavolo, qui non credo venga bene ed intendo per scritto su di un blog o forum (ndr) viene bene…comunque quoto Davani aggiungendo che secondo me per i master è fondamentale che l’atleta sia anche allenatore e soprattutto psicologo e motivatore di se stesso…perchè se mentre per i ragazzi è ipotizzabile standardizzare allenamenti e comportamenti dando per scontato che il loro impegno fisico e mentale durante il giorno sia simile e che le tecniche pedagogiche siano adattabili, per i master bisogna confrontarsi con gente che sta seduta 10 ore al giorno o magazzinieri che si spaccano la schiena…gente che si alza alle 6 e gente che stacca alle 22..l’ allenatore non puo stare dietro a tutto questo..e ognuno dovrebbe sapere come regolarsi e cosa fare per ottenere il massimo da se stesso in base ala propria vita.. poi il caso che una delle metodologie dell’allenatore (il coach è un’altra cosa e fa un altro mestiere n.d.r.) vada bene per qualcuno…beh quella è statistica…

Alberto Serafin: Dall’esperienza “pre-master” credo di sapere di cosa ho bisogno come tipo di allenamento. Però ho anche imparato che puoi avere un ottimo allenatore ed arrivare male ad una gara. Un’intera stagione no è difficile. L’allenatore ha il compito di portarti in forma agli avvenimenti importanti… ma un po’ va a fortuna

Massimo Melani: Allenatore a bordo vasca o allenatore a distanza Andrea Pantalei? Però, nello specifico, se il tuo allenatore è un buon tecnico, studia e sta attento alla distribuzione percentuale dei carichi, cosa che non fanno tutti quindi, se cambi fai una cazzata enorme.

Andrea Pantalei: “‎Massimo ….. non era per me o per una mia voglia di cambiamento … era un discussione che voleva portare al rapporto tra atleta ed allenatore … che da bambino non esisteva od almeno era a senso unico …. e da grandi deve essere “mitigato” … dal nostro essere esseri troppo pensanti”

Alessandro Brugiolo: Ok…stiamo parlando di due cose separate: master ed agonista; per l’agonista…L’allenatore di Scozzoli e Polieri…due atleti due preparazioni sbagliate…lei ha 16 anni…di chi è l’errore? Non tutti siamo Phelps, Thorpe o Laslo. Se tutto fosse così facile avremo ad ogni gara un record del mondo con una persona diversa.

Andrea Pantalei: “a parte che Laslo in alcune occasioni (i recenti europei in vasca lunga) ma Brugiols .. non capisco il “…due atleti due preparazioni sbagliate””

Alessandro Brugiolo: “Be è un esempio calzante no? visto le gare di oggi …200 delfo della polieri…hanno fatto meno ai categoria… per Laslo…parlavo delle manifestazioni precedenti…5 argenti alle scorse olimpiadi…dietro ai 5 ori di phelps. quindi ora la Polieri dovrebbe andare ad allenarsi con un altro allenatore?

Andrea Pantalei: tra Scozzoli e Polieri potrebbe essere in una maggiore conoscenza di un atleta rispetto all’altro .. al fatto che non si può applicare lo stesso tipo di allenamento a due persone a certi livelli … dalla differente maturità agonistica . dalla differente età .. ed anche … sesso? E no non direi che si dovrebbe cambiare allenatore .. ma come operare il feedback … e ri tarare la preparazione .. fermo restando che ci troviamo di fronte ad un allenatore che non è alla prima esperienza .. ed ad atleti che non sono … “propriamente delle seghe”

Alessandro Brugiolo: ecco perchè per un anno si potrebbe toppare…e forse anche per due e ti stai ti stai pian piano rispondendo da solo a tuoi quesiti

Andrea Pantalei: ed allora riporto un’altra domanda come “ridurre il rischio di errore“?

  • affidandosi ad un solo allenatore?
  • allenandosi con due al massimo tre compagni di squadra competitivi?
  • allenandosi con un team di allenatori (leggi esperienza)?
  • allenandosi all’interno di un gruppo numeroso?
  • come fare l’operazione di feedback?

Alessandro Brugiolo: Spero che un giorno Totti possa fare i 100 sl in 47″90, aspè la faccio più semplice Totti M35 si allena un anno in piscina…e mi fa 60″ sui 100 … cavolo…

Beatrice Bono: Nonostante tu (Andrea Pantalei ndr) abbia chiamato in causa altri egregi atleti, ma non me ;), dirò comunque la mia: diciamo che la mia storia da nuotatrice agonista la conosci, piccola squadra poco competitiva da giovane, grande squadrone di campioni da più grande. Pro e contro in entrambe, che non sto ad elencare. Non credo che esista una soluzione generale migliore delle altre, dipende tutto dal contesto, da chi è l’atleta, chi l’allenatore, quale la squadra e la struttura.
Per quanto riguarda il rapporto allenatore-atleta posso dire che la carta vincente è sicuramente la fiducia, solo con questa si costruiscono grandi cose. Fiducia che non deve essere ad una via: ok, io atleta devo avere fiducia nel mio allenatore, ma anche io allenatore devo avere fiducia nel mio atleta e nei feedback che mi dà, specialmente se è un atleta non troppo giovane e con una certa esperienza. In Italia, soprattutto, molti allenatori spesso si propongono come gli unici portatori di Verità assoluta sugli allenamenti, senza considerare ciò che l’atleta dice o “lamenta”, sottovalutando o dimenticando che il risultato in questo contesto lo fa ciò che la coppia ha costruito (ho avuto la fortuna di allenarmi 9 mesi in Finlandia, tutt’altra filosofia rispetto all’Italia!). Sicuramente quindi a mio avviso bisogna affidarsi ad un solo allenatore, una sola persona che programmi gli allenamenti e con cui costruire un solido rapporto, poi che in alcuni giorni subentri un altro come osservatore e per monitorare ciò che sfugge alla quotidianità della coppia ben venga.

Allenarsi con tutti, competitivi e no, da tutti c’è da imparare. Ma in questo caso assicurarsi che gli allenamenti per quanto generali per la squadra, siano adattati ad hoc per ogni singolo atleta: se sono una 50ista, inutile che faccio certi allenamenti da 200isti, specialmente in certi periodi, cosa che invece spesso accade solo per mancanza di spazi e tempi e non perchè quel tipo di allenamento sia costruttivo per quel tipo di atleta. Evitare quindi anche che l’intera squadra si alleni su programmi creati e pensati per un solo atleta.

Insomma ci vuole tanta apertura mentale e quando qualcosa non va, spesso si tratta o di mancanza di fiducia o di mancanza di stimoli …Cambiare situazione o contesto di sicuro può servire.

Andrea Pantalei: Beatrice ma se l’allenatore … è “specializzato” … del tipo fondo .. mezzofondo o velocità …. anche in quel caso .. vale l’affidarsi ad un solo coach?

Beatrice Bono: Certo che vale affidarsi ad uno solo, ma che sia quello giusto: se sei un velocista che ci fai con un allenatore specializzato per il fondo? Vedetevi al pub invece che in piscina, se proprio volete! (Questo vale per gli agonisti, per i master meno orientati verso il raggiungimento dei risultati può essere un po’ diverso.

Per me la gestione a due di un atleta non funziona, A MENO CHE i due allenatori non lavorino davvero in team, in stretta collaborazione e con profonda comunicazione, cosa che non accade mai. La programmazione (almeno a livello macro) degli allenamenti è un sistema complesso, va studiato e pensato molto prima a tavolino…se un giorno ci si allena con uno e l’altro con un altro, se un giorno si fa ciò che dice uno e l’altro giorno ciò che dice l’altro si perde la programmazione, il criterio con cui è stata fatta, e quindi se ne compromette in toto la validità.

Alessandro Brugiolo: Ok… Ma tutto questo potrebbe essere scontato … Ma di chi stiamo parlando…. Quante altre variabili potrebbero esserci al fine del raggiungimento di un “risultato”?

Beatrice Bono: GIUSTO! Ogni situazione è a sè. Quindi Andrea, sfornaci un caso contestualizzato e ricco di dettagli e avrai la nostra soluzione. ( e qui ora rientrerebbe l’affaire Pellegrini ed il 400 sl in Polonia ndr)

Massimo Melani: ‎ritornando su un affermazione di Alessandro Brugiolo ora non caghiamo fuori dal vaso: non è stato commesso nessun errore o, quanto meno, non è certo rilevabile con 2 krono, lei è giovanissima ed ha pagato la tensione, lui più “incazzoso” l’ha convertita. Per quanto riguarda Totti, spero sia una battuta altrimenti preferisco leggere “Fantasia” 😉

Alessandro Brugiolo: Bisogna capire cosa si vuole evincere da questa discussione parliamoci chiaro, Totti è calzante per un tipo di discussione non per altri. In italia tendiamo sempre a dire: e si è troppo giovane ancora aspetta in panchina ed è un altro tipo di discussione. E noi non abbiamo soluzioni a tutto … NOI possiamo indicare solo una o piú vie È l’ATLETA il vero regista di se stesso

Massimo Melani: Assolutamente d’accordo, primo motore: testa dell’atleta, il coach può soltanto far muovere i neurocettori nella giusta direzione. Ma anche concentrato e ben allenato, 60” in un anno non lo fa neanche lanciato con la fionda di Takeshi’s Castle

Alessandro Brugiolo: Ma con le pinne tacchettate si

Andrea Pantalei: ….. Continuiamo?

4 pensieri su “Rapporto atleta allenatore master. QUESTIONE E DISCUSSIONE APERTA!

  1. stefano '62 dice:

    Ho sentito spesso raccontare,da fonti di autorevolezza e competenza fuori di dubbio,che il rapporto atleta-allenatore deve essere esclusivamente professionale e che l’allenatore deve astenersi dal cercare rapporti di complicità o eccessiva confidenza con i suoi atleti.

    Io sono completamente in disaccordo con questa idea,perchè pur condividendone l’obiettivo finale di evitare complicazioni emotive che possano compromettere l’impegno dell’atleta,non condivido invece quello che sembra esserne il pricipio ispiratore:cioè l’idea che la prestazione sia il prodotto esclusivo del lavoro impostato dall’allenatore (e che dunque il campione sia il prodotto eslusivo del lavoro di un allenatore superiore agli altri) e niente debba disturbare il suo lavoro.

    Invece non è così,perchè è molto importante che l’atleta capisca di essere il principale artefice della propria prestazione,nel bene come nel male,e che invece gli allenatori sono uno strumento per raggiungerla.
    Uno strumento necessario (per questo gli si deve cieca obbedienza) ma non insostituibile perchè l’unica cosa insostituibile è la sostanza dell’atleta,e quello solido sa che la sua vera forza non sta nell’allenatore magico bensì dentro di sè.
    Tutto ciò glielo comunica il buon allenatore,che oltretutto ha il dovere di considerare gli atleti anche da un punto di vista psicologico,dato che le emozioni sono uno dei fattori che influenzano l’effetto degli allenamenti e la prestazione stessa (e la Pellegrini stessa lo dimostra) quindi il buon allenatore non può chiamarsene fuori.
    Senza contare che nessun atleta ha voglia di pestare alla morte per un signor nessuno che sta mille miglia lontano da loro e non dimostra concretamente,al di là degli urli necessari da bordo vasca,di apprezzare e ammirare i suoi ragazzi per il lavoro che fanno.
    L’atleta deve sapere che quel tiranno la fuori che si sbraccia,in fondo vuole bene ai suoi ragazzi e li stima per ciò che fanno.
    Sa che li conosce a fondo e che li capisce,e che il lavoro proposto è il frutto di una reale consapevolezza dei loro bisogni.
    Solo in base a questo (e non invece perchè è un infallibile e utopistico superallenatore,il signore delle tabelle) accetterà di farsi un mazzo così a testa bassa.
    E dato che non è possibile fare tutto questo “da lontano”,è evidente che l’allenatore non può evitare di “avvicinarsi” ai suoi atleti.

    Credo quindi che le paturnie della Pellegrini siano esattamente il risultato di una cattiva o inesistente gestione psicolgica dell’atleta da ragazzina.

    Non conosco la sua storia da esordiente,ma sono propenso a credere che troppa gente abbia pensato solo a pavoneggiarsi per averla in squadra e ad appropriarsi dei suoi successi,piuttosto che farle capire che la vera forza nasce da dentro.
    Ecco perchè oggi vaga raminga nella perenne e insofferente ricerca di quacuno che non esiste.

  2. eleonora dice:

    Ciao a tutti! E’ da poco che seguo questo blog. sono studentessa di psicologia e mi interesso di psicologia e sport…e ovviamente sono nuotatrice master! se volete un mio punto di vista vi lascio qui il link ad un post del mio neonato blog sulla psicologia e sport che parla proprio di quali caratteristiche deve o dovrebbe avere un “leader”. fate attenzione, si parla di leader, non di allenatore, anche se spesso si tratta di un leader! Ho in programma di farlo crescere di più il mio blog, ora c’è proprio poco poco.. ma spero che a qualcuno interessi:)

    https://azzurroacqua.wordpress.com/2012/02/05/la-leadership/

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