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Nuoto in mare: problemi e consigli

Nuoto in mare

(di Stefano Tiozzi)

Il nuoto in mare è la forma di nuoto più pura e istintiva che esista, non solo per il fatto che il mare è la culla delle prime esperienze umane in acqua, ma soprattutto perchè in mare si è soggetti ad un grande numero e varietà di disturbi all’equilibrio di nuotata, questo rende impossibile selezionare una tecnica univoca e specializzata valida ovunque e comunque.

Se è facile trovare navigando rete guide rivolte a fondisti e triatleti, è anche vero che tali guide concernono sempre e solo gli utilizzi di olio o crema o mute o i consigli più spicci e personali su come gestire una situazione di gara, ma non si soffermano mai sui quesiti più tecnici dello “stare in mare” e dei problemi ad esso connessi.

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In questa guida quindi non fornirò consigli “di gara”, su come collocarsi in partenza, sul problema dei colpi agli occhialini, su quali creme usare per la muta e altre amenità più o meno strategiche di cui è pieno il web e che sono spesso contrastanti, personali e opinabili, e che nulla hanno a che fare con le situazioni alternative e col concetto primigenio di nuoto in mare.

In questa guida tratterò il nuoto in mare appunto nella sua accezione generale legata alla sopravvivenza in mare, cioè a come affrontare i problemi comuni a ogni situazione dello “stare in acqua”.

Esistono due tipi di problemi ambientali: quelli determinati dalla fauna marina e che richiedono risposte non-tecniche, e quelli determinati dall’ambiente e che influendo su rotta e dispendio energetico richiedono una risposta di adattamento tecnico-strategica.

Le meduse

Vi è capitato di sentire di nuotatori che lamentano il problema delle meduse come qualcosa che possa influire sulla decisione di farsi o meno una nuotata o una gara,o addirittura influire sul risultato. Persino nei circuiti più prestigiosi o ai mondiali. Altre volte ho visto fior di marcantoni cercare di evitare i cadaverini di medusa in riva al mare, camminando in punta di piedi con l’attenzione di un feddayn in un campo di mine antiuomo nei pressi di Beirut. O provare a rivoltarle usando bastoni o altre leve lunghe più di mezzo metro come se potessero spruzzargli post mortem un acido mortale.

Questa cosa mi ha sempre lasciato basito,avendo subito migliaia e migliaia di strisciate senza che questo abbia mai determinato altro che un vago fastidio transitorio della durata massima di pochi secondi. Invece molti espongono strisci vecchi di anni che manco fossero stati frustati a sangue da un sadico. Ebbene facciamo un pò di chiarezza su come agisce una medusa e come affrontare la situazione.

Per prima cosa chiariamo subito che le meduse che uccidono in otto secondi abitano negli Oceani. I servizi dei tiggi e i documentari che puntualmente saltano fuori ogni primavera hanno il brutto vizio di non puntualizzare mai che in Italia non esistono meduse pericolose,e hanno il solo scopo di spaventare il pubblico per viscido tornaconto economico di sponsor arcinoti cui interessa che l’italiano vada in vacanza altrove.

In Italia esistono varie specie di meduse, le più tossiche sono quelle della specie delle cubomeduse, con una testa piccolina e venata di fucsia e di rosa e con code lunghe da mezzo metro a un metro circa. La loro tossicità non è letale e determina un bruciore limitato alla sola zona colpita,di breve durata e breve intensità. Tutte le altre meduse italiane hanno tossicità inferiori,e di solito più è grande il corpo della medusa e meno esposti sono i tentacoli e meno la medusa è pericolosa, perchè l’unica parte urticante della medusa è il tentacolo. Il veleno viene emesso sotto forma di spore piccolissime (nematocisti e spirocisti),che vengono prodotte da apposite cellule (dette cnidae) che vengono estroflesse dal filamento in seguito all’impulso dato da un meccanorecettore nel momento stesso in cui il tentacolo tocca una superficie estranea.

Medusa spiaggiata

A volte si vedono montagne di meduse sulla battigia. Non si tratta di morìa. Spesso i pescatori incappano in banchi di meduse (e granchi) e se le ritrovano nelle reti.
Per evitare di ritrovarsele di nuovo in acqua le rovesciano sul ponte in attesa di liberarsene prima di tornare in porto. Quindi le meduse restano a morire sul ponte (insieme ai granchi opportunamente schiacciati col martello per evitare che rompano le reti) e si accumulano mano a mano che le reti ne tirano su delle altre. Poi i pescatori le ributtano in mare prima di salpare le ancore per il rientro,e la corrente le trasporta a riva,dove si spiaggiano in massa (idem per i granchi).

Ebbene queste meduse siccome sono morte non possono produrre le spore perchè il meccanorecettore non manda l’impulso alle cellule che producono le nematocisti,quindi potete tranquillamente toccarle senza che esplodano o pestarle tranquillamente evitando di saltellarci accanto con passo Nureyev.

Meduse in acqua

Se siete in acqua e la medusa vi striscia accade che le spore vengono depositate sulla pelle,un pò come un vernice sul muro,e allo stesso modo della vernice vengono assorbite un pò alla volta dalla pelle,si infilano nei pori come piccoli aghi e una volta dentro la pelle urticano e bruciano.

Prima cosa da fare :eliminare dalla pelle la maggior quantità possibile delle spore  di superficie prima che penetrino nei pori. Facilissimo, se nuotate sottocosta si prende la sabbia bagnata dal fondo del mare e la si applica sulla zona colpita (senza però strofinare altrimenti le nematocisti saranno sparse su una zona più ampia e assorbite più rapidamente), siccome la sabbia è più porosa della pelle,il veleno vi penetra dentro. Dopo un paio di secondi si lava via con acqua la sabbia e con essa il veleno catturato. Si ripete l’operazione un certo numero di volte per essere sicuri di eliminarne il più possibile.

Se non siete in grado di pescare sabbia dal fondo in un tempo ragionevole non resta altro da fare che continuare a nuotare, magari verso terra, sperando che una piccola parte di veleno di superficie venga perso per attrito con l’acqua. Alcuni consigliano di raschiare le nematocisti non ancora penetrate con una carta di credito o badge similare;andrebbe anche bene se non fosse che non ho mai visto nessuno nuotare con una carta di credito nel taschino.

Seconda cosa da fare: alleviare il fastidio dato dal veleno residuo.

Se il fastidio è limitato si può tranquillamente continuare a nuotare come faccio perlomeno una mezza dozzina di volte per ogni singola nuotata,il sale lenirà l’infiammazione e presto sarà solo un ricordo.

Se invece il dolore fosse insopportabile non resta altro da fare che uscire dall’acqua. Le tossine dei veleni marini si sono evolute per poter meglio funzionare in acqua,dunque in ambiente freddo,quindi sono termosensibili e possono venire neutralizzate dal calore;il modo migliore sarebbe immergere la zona colpita in acqua la più calda possibile magari salata,oppure nelle ore più calde una sabbiatura con sabbia bollente;invece i più arditi potrebbero utilizzare un accendino per scaldare il più rapidamente possibile la zona colpita.

Un altro sistema utile è alterare il PH della pelle per inibire l’azione del veleno,ed è per questo che alcuni ritengono utile fare pipì sulla zona colpita e che comunemente vengono utilizzate soluzioni diluite a base di bicarbonato di sodio,ammoniaca o acido acetico;però un recente studio statunitense ha verificato che non esistono evidenza scientifiche sull’utilità dell’ammoniaca e che le stesse sostanze non hanno proprietà lenitive sul dolore; al contrario pare che l’anestetico per uso topico lidocaina bloccando i canali del calcio e del sodio delle nematocisti abbia un’azione inibente il rilascio delle tossine e una efficace azione anestetica.

Nella terapia di pronto soccorso viene anche usato l’aceto prima di applicare un bendaggio compressivo;e nel caso di alcune specie tropicali pare sia utile il solfato di alluminio. Il farmaco di elezione, però, nel trattamento degli stati più gravi di reazione infiammatoria al veleno di medusa è lo steroide, che è in grado di controllare le complicanze infiammatorie più gravi.

Terza cosa da fare: NON dovete strofinare nè grattarvi, spargerebbe le spore in una zona più ampia,magari rompendole sopra la cute. NON dovete assolutamente andare a lavarvi con acqua del rubinetto o della doccia : le nematocisti funzionano con il grado di salinità marina e l’acqua dolce le farebbe esplodere sopra la cute centuplicando l’effetto del veleno e devastando i tessuti (le famose strisciate che alcuni mostrano per una sfilza di anni a seguire).

Lavarsi sotto la doccia andrà bene solo in seguito quando si sarà certi che il veleno è tutto espulso o penetrato sottopelle. Ma se doveste ancora avere fastidio la cosa che dà più sollievo è continuare a restare in acqua fino a che il sale non neutralizza del tutto il bruciore, magari (in caso di bimbi) continuando a spalmare sabbia sulla zona,non più per eliminare il veleno che verosimilmente non ce n’è più, ma perchè la grattatina data dalla granella della sabbia è una valida e gratificante alternativa alle vere e proprie grattate che invece infiammerebbero la zona.

Questo è ciò che dovete fare se state facendo un bagno o se viene urticato vostro figlio o se il dolore è atroce. Se invece stavate nuotando e il fastidio è acccettabile, come spiegato sopra l’attrito dato dal movimento riuscirà a eliminare una certa percentuale di spore,con una efficacia inferiore alla sabbia,ma considerando la bassa tossicità delle nostre medusa la differenza in termini di fastidio vissuto è minima e io non ho nessun problema a preferire quel pò di fastidio che sparisce dopo poche bracciate piuttosto che fermarmi e perdere il mio ritmo per così poco.
Vabbè dai una volta mi sono fermato,mi aveva strisciato proprio sul capezzolo…..che dolore,la sabbia ce l’ho messa eccome.

Altri incontri poco piacevoli

La crea

Vi sarà capitato forse alcune volte di sentirvi pizzicare in centinaia di punti contemporaneamente senza sapere di cosa si tratta, vi sarete fermati e in acqua non c’era niente e la cosa non passava. Ebbene si tratta della crea. La crea (da creazione) è la nascita dei crostacei dall’apertura delle uova, di solito concentrate presso oggetti stazionanti nell’acqua tipo boe corde o altri galleggianti: capita perciò di ritrovarsi in mezzo a miliardi di piccoli e infinitesimi gamberettini o granchietti appena nati, talmente piccoli e trasparenti che ci vorrebbe il microscopio per vederli, che in balia della corrente cercano disperatamente di aggrapparsi con le loro piccole chele o zampette a qualcosa di solido: voi. Non c’è altro modo che nuotare via il più rapidamente possibile cercando di uscire dalla colonia, e poi farsi una bella risata.

Razze

Se invece incontrate una razza, siccome è curiosissima per natura e molto giocherellona di sicuro vi si avvicinerà e nuoterà vicino a voi e ve la vedrete passare sotto la pancia diverse volte,sorpassandovi e aspettandovi o girando di qua e di la. Sappiate però che si tratta di un pesce abbastanza pericoloso, con una spada bella lunga che più di una volta trafigge gli incauti che cerchino di avvicinarsi o toccarla. Lasciatela fare senza cercare di prenderla o spingerla in un angolo; fate finta di nulla in modo che non si senta minacciata e se non si allontana da sola cambiate rotta.

Tracina (o pesce ragno)

E’ la bestia più tossica che potrete incontrare nelle nostre zone balneabili. Ha tre spine sulla testa e tre sui due lati della testa. Si adagia sul fondo e si lascia trasportare dalla corrente, quindi il momento più facile per incontrarla in riva al mare è durante una burrasca. Di solito la si pesta ma può raramente capitare di sbatterci contro nuotando. Più è grande il pesce maggiore la dose di veleno che vi inocula. La puntura si riconosce perchè i tre buchi (ammesso che vi abbia colpito con tutte e tre le punte) sono disposti come i vertici di un triangolo. Se vi punge l’unico rimedio è l’acqua calda,meglio se salata ma sappiate che il sale da solo non conta una mazza,ci vuole l’acqua bollente,o almeno la temperatura più alta che riuscite a sopportare,in modo da inibire la tossina. L’azione della tossina dipende dai vostri anticorpi,quindi gli effetti sono molto personali, a qualcuno non fa nulla di più di un male cane per un’ora o più.

Una buona percentuale dei colpiti si fa un paio di giorni con febbre a quaranta. I più sensibili o allergici, quelli che temono anche i becchi di ape o di zanzara, rischiano anche lo choc anafilattico, he si manifesta in principio come una vaga difficoltà respiratoria, una volta in una persona da me soccorsa ho riscontrato un gonfiore nel collo prima dello choc.

Se vi colpisce dunque pensateci due volte prima di continuare a nuotare, perchè non è come con la medusa. Io sono riuscito a nuotare ugualmente dopo una sua puntura ma al termine avevo uno scarpone da sci al posto del piede. La buona notizia è che pare che dipenda dal vostro sangue e dai vostri anticorpi, quindi la prima puntura induce l’organismo a difendersi creando opportune difese, per cui una eventuale futura puntura (a parità di dimensioni del pesce e del veleno inoculato) dovrebbe determinare un dolore in grande percentuale inferiore e di minore durata rispetto alla prima volta.

Tecnica di respirazione

Molti respirano frontalmente nel tentativo di sfruttare la respirazione per guardarsi intorno,in pratica invece che girare la testa di lato la si solleva fuori dall’acqua guardando avanti.
E’ una pratica costosa e poco utile che andrebbe utilizzata solo nelle situazioni senza alternativa. Infatti per far coincidere la respirazione con l’osservazione dei dintorni il petto si alza e le gambe si appesantiscono e gli attriti aumentano a dismisura,di fatto è un momento faticoso.

Il sistema migliore invece è separare i momenti della respirazione e della osservazione: respirare cioè in laterale in maniera standard così da minimizzare l’impatto della respirazione sugli assetti,e poi osservare i dintorni in un diverso momento limitandosi a sollevare solo gli occhi ma non la bocca. In questo modo si ottiene di soddisfare le necessità respiratorie e quelle di localizzazione senza alterare gli assetti della nuotata.

Esempio:respirazione laterale standard ruotando la faccia sul lato destro,poi immergere di nuovo il viso sempre ruotando nel modo standard mentre il braccio destro torna inacqua,infine ruotare la faccia in avanti sollevando gli occhi fuori dall’acqua mentre il braccio sinistro spinge e il braccio destro allunga.

In caso di mare mosso ovviamente occorre trovare dei compromessi e sapere valutare e calcolare le onde in modo da eseguire l’azione mentre ci si trova sulla cresta invece che nella conca;poi se non c’è alternativa per vedere i punti di riferimento, magari per colpa di onde o di “traffico”,non resterà altro da fare che sollevarsi a petto alto per vedere lontano,ma meno lo fate e meglio sarà.

Nuoto nella corrente

In mare ci sono le correnti. Possono essere a favore o contrarie o laterali. Se la corrente favorevole la tecnica migliore è nuotare in successivo (allungamento massimo). Se la corrente è contraria invece la nuotata allungata è penalizzante perchè la corrente vanifica ogni tentativo; conviene invece andare subito in presa facendo affondare la mano più del gomito il prima possibile per evitare che una eccessiva inerzia determini un arretramento per effetto della corrente.

La dimensione della variazione di tecnica deve essere direttamente proporzionale alla forza della corrente. In caso di corrente molto forte potrebbe essere utile provare a utilizzare la tecnica Kayak (passata subacquea più breve con maggior peso delle fasi di presa e trazione rispetto alla spinta).

Se la corrente è laterale occorre per prima cosa valutare se è laterale a favore o contro,e poi adeguare la tecnica come sopra. Poi occorre valutare la forza del vettore di spinta laterale e considerare che verosimilmente ciò determinerà uno scarroccio (scostamento laterale di rotta) e cercare di intuirne la misura. Dopodichè cercare di nuotare non già verso il nostro punto obiettivo,bensì verso un differente punto calcolato sulla base della valutazione dello scarroccio previsto,in modo che alla fine si riesca ad arrivare al punto obiettivo.

Metafora di esempio: se devi sparare a un piattello in movimento non miri al punto dove il piattello si trova adesso,bensì al punto in cui calcoli che si troverà tra pochi decimi di secondo.
Nuotare nella corrente è esattamente la stessa cosa:calcola lo scarroccio e traccia una nuova rotta per compensarlo.

(Faccio salvataggio, vi garantisco che la maggior parte dei bagnini, perfino quelli prestati dall’agonismo,se non sono davvero pratici di nuoto nella corrente manco riescono ad arrivare al punto dove c’è il pericolante,ma spesso si ritrovano la nel mezzo sena capire come hanno fatto a finire li, perchè sono da soli e come fare a ritrovare il pericolante).

Nuoto nelle onde.

Le onde si distinguono per dimensioni, per forma e per direzione e ovviamente le diverse combinazioni.

Dimensioni dell’onda

E’ il parametro più importante quanto a influenza sul disturbo degli assetti. Più l’onda è grande e più diventa necessario compensarne gli effetti con le opportune contromisure. Se l’onda è piccola ogni altra considerazione perde di valore e conviene piuttosto continuare a nuotare secondo i propri canoni standard. Quando invece la dimensione è molto elevata allora si sconfina nel nuoto estremo. La nostra analisi verterà sulle dimensioni medie,cioè quelle che non sono ancora motivo di interruzione della nuotata (o della gara) ma che sono già sufficienti a richiedere una contromisura.

Tipo di onda

Ci sono i marosi con frangente, le onde a cresta e le onde a tubo concavo,poi ci sono onde più corte e onde più lunghe; la combinazione dei diversi parametri determina una ulteriore suddivisione in numerosissimi tipi di onda, troppi da venire classificati, preferisco valutare le contromisure in base al parametro, poi la dimensione dei diversi parametri nel tipo di onda che si affronta determinerà la scelta della percentuale delle rispettive contromisure. Per ultimo valutiamo la direzione delle onde, che come la corrente può essere a favore contraria o laterale e che come vedremo induce effetti (e relative contromisure) simili a quelli della corrente.

Ebbene le cose in assoluto più importanti da evitare in caso di qualunque tipo di onda (con eccezione delle condizioni estreme che richiedono un discorso a parte) son due:

  • evitare di farsi sorprende da una ondata a frangente mentre abbiamo un braccio in recupero aereo;
  • evitare il più possibile il beccheggio, cioè evitare di dondolare su e giù con la testa in misura tale da ritrovarsi periodicamente e senza volerlo con la testa sommersa. Occorre cioè cercare di far si che il peso del blocco testa\spalle sia sempre in appoggio equilibrato sull’acqua, e si ottiene se la faccia sta sempre immersa sulla stessa linea di galleggiamento, cioè faccia e orecchie sotto ma cranio fuori. A seconda del tipo di onda può essere più o meno facile riuscirci.

Il caso più semplice da gestire è anche il tipo di onda che più frequentemente si incontra durante una nuotata. Onda corta di dimensioni ridotte e senza frangente. Però è anche il tipo di onda più sfibrante perchè ogni tentativo di aumentare l’andatura si risolve in una serie di disturbi in senso verticale, un pò come andare in bicicletta sul pavè: continui tremolii sul manubrio e rimbalzi su e giù. A me mi ammazza, lo odio a morte, piuttosto preferisco onde di un metro. Se si dispone di sufficiente forza (dipende dalle dimensioni dell’onda e dalla forza della corrente) conviene cercare di spingere per neutralizzare il vettore di spinta verticale con un superiore vettore di spinta orizzontale,cosa che dovrebbe neutralizzare il fastidio. Altrimenti conviene cercare di minimizzare lo sforzo e cercare di nuotare il più naturale possibile.

In caso l’onda invece sia lunga (senza frangente) seguire il moto ondoso è molto più facile (un pò come andare in bici su e giù per una collina) però nel momento dello scavallamento dell’onda è più facile che il corpo si ritrovi a cadere nel vuoto per poi affondare,azzerando di botto la velocità di crociera. Per evitarlo occorre fare molta attenzione al ritmo delle onde,che in caso di onda lunga varia periodicamente dopo un numero fisso di onde (non chiedetemi il perchè,è così e basta).

In caso di frangente conviene stare il più lontano possibile dalla zona dei frangenti, che non sempre segue una linea perfettamente parallela alla spiaggia e cambia invece sulla base della profondità del fondale. Il problema (eccettuati i casi di condizioni estreme) non è il frangente in sè,ma il fatto che se c’è il frangente significa che il fondale è più basso quindi le correnti subacquee sono più forti e a volte contrastanti e ciò rende sicuramente meno proficua la nuotata.

In particolare se la linea del frangente (nel senso orizzontale alla spiaggia) si interrompe per un breve tratto per poi riprende più avanti,significa che in quel punto sul fondale c’è una interruzione della berma (la secca) attraverso la quale le correnti si concentrano a imbuto determinando un forte risucchio in fuori. Ora a questo punto potrebbe darsi che la vostra rotta di nuotata preveda di oltrepassare la linea del frangente,in questo caso consiglio caldamente di cercare quelle interruzioni perchè la corrente viporterà fuori dei frangenti più rapidamente che in qualunque altro posto (proprio da li passano i surfisti quando devono evitare i frangenti per riguadagnare il largo dopo una discesa); se invece la vostra rotta predeve di restare al di qua dei frangenti allora stateci più alla larga possibile, perchè se ci finite dentro sarà davvero molto arduo tornare indietro (ci ho dovuto tirare fuori per il rotto della cuffia decine e decine di incauti bagnanti)

La direzione delle onde invece influisce sulla tecnica di nuotata proprio come la corrente. La cosa migliore quanto a prestazione è averle a favore,e l’effetto migliore è il caso di onda lunga a favore,però chi lo ha provato sa che può essere molto sfibrante a livello psicologico. Perchè l’onda a favore prima ti passa sotto la pancia dandoti un aiuto minimo,e poi ti senti risucchiato da quella successiva. Questa cosa ti ammazza psicologicamente. Occorre cercare di calcolare il risucchio e fare in modo che subito prima del risucchio si stia nuotando con la tecnica del contro corrente (corti e subito in presa) senza sprecare forza in inutili spinte;quando invece ci ritrova nel momento dell’inversione (da risucchio a spinta) occorre nuotare lunghi con potenti spinte per massimizzare l’effetto di spinta. Se si riesce a calcolare bene il punto del cambio di risucchio si può in alcuni casi “fare il surf”e procedere a razzo,ma il successivo risucchio sarà una mazzata per la vostra psiche.

Quando l’onda è contraria occorre fare l’inverso, cioè corti come contro corrente durante la fase di spinta dell’onda, e lunghi mentre l’onda ti risucchia.

Infine il caso di onda laterale, che va inteso proprio come il caso di corrente laterale perchè può determinare un involontario cambio di rotta. Però al contrario del caso della corrente non è detto che l’effetto scarroccio sia sempre nel senso dell’onda. Se l’onda è corta di solito si scarroccia nella direzione dell’onda, se invece è lunga può capitare che la forza di risucchio sia abbastanza forte da farti scarrocciare in senso inverso. Occorre osservare gli effetti e tenerne conto nell’elaborazione della rotta da seguire. Se l’onda,corta o lunga,è a frangente lo scarroccio è sempre in direzione dell’onda.

Se l’onda a frangente laterale è corta diventa importante calcolare a puntino una frequenza respiratoria tale da garnatire di non respirare proprio nel momento del frangente;a questo scopo è necessario respirare sempre dal lato dell’onda per verificare costantemente il ritmo corretto da utilizzare.

Se invece l’onda è lunga allora la respirazione ha più margini di interpretazione,però verosimilmente il frangente sarà più importante;in questo caso potrebbe diventare necessario cambiare la nuotata durante il frangente per evitare (nel modo più assoluto) che il frangente ci sorprenda con le braccia in recupero fuori dall’acqua. Ci sono due sistemi per evitarlo.
– eseguire un recupero di bracciata subacqueo invece che aereo nel momento del frangente
– eseguire una pausa di spinta nelmomento del frangente,per poi spingere e recuperare subito dopo il passaggio del frangente.

Nuoto in mare estremo

Quando le dimensioni delle onde sono tali da rendere molto difficile mantenere una tecnica standard di nuotata e (di conseguenza) da rendere molto pericoloso nuotare in mare.
Nota Importante: per avventurarsi in mare in condizioni estreme è assolutamente necessario disporre di una capacità di adattamento enormemente superiore alla media,qualità molto rara e difficile da riscontrare persino in un campione del mondo di una qualsiasi specialità di gara.

Ebbene la regola principale nel nuoto estremo è cercare di sfruttare al massimo ogni spinta o risucchio di onda,anche a costo di abbandonare totalmente ogni stile codificato di nuoto,e cercare di nuotare nel modo più lineare possibile anche quando questo significa “bucare” le onde proprio come i tunnel fanno con le montagne.
Tutte le altre considerazioni quanto a come affrontare correnti e onde di diverso tipo restano valide,e acquista particolare importanza la regola di NON farsi mai sorprendere con le braccia in recupero.

Ricordatevi prima di tutto che nuotare a favore di corrente NON compensa tratti con corrente a favore di uguale dimensione. Per esempio in una giornata di bora a 100 km orari con onde miste (corte insieme a lunghe) di bolina (a favore e quasi laterali da dietro) alte un paio di metri e con frangenti lunghi feci un 1500 metri in poco più di 9 minuti, poi feci il ritorno con corrente contraria in 45 minuti. Cioè la corrente fortissima a favore mi ha abbattuto il tempo standard di circa il 50%  invece quella contraria me lo ha aumentato di più del 125%.

Questo significa che ogni volta che arriva un’onda lunga contraria o laterale è necessario immergersi sotto al frangente per minimizzare lo scarroccio e pinneggiare a delfino senza usare le braccia finchè non è finito il suo vortice (a volte una decina di secondi) ,poi uscire con una nuotata a crawl con pause di recupero e con recuperi subacquei sincronizzati ai frangenti delle altre onde più corte,nuotando in modo standard dunque per una frazione ridottissima del tempo totale,lunghi o corti a seconda della corrente e dei risucchi.

Quando poi arriva l’onda lunga a favore occorre stare molto attenti alla spinta che essendo superiore allo standard potrebbe farti affondare neutralizzando il favore,e nel successivo risucchio stare assolutamente passivi e pronti a seguirla subito dopo lo scavallamento.

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