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Qualche riflessione sul nuoto master

Due atlete di nuoto master in vasca pogiate sulla corsia

(di Giulio Votano)

Oggi, desidero esprimere qualche riflessione, quanto su un certo approccio alla competizione proprio di una parte – crescente, direi – dei nuotatori master, che a mio sommesso avviso altera il senso della partecipazione e dell’impegno profuso.

La riflessione parte dalla manifestazione organizzata per i master nel sito dove si sono svolti i campionati europei in acque libere, Piombino, e che ha anche offerto lo spunto per vivere da vicino l’emozione della venticinque chilometri.

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A parte l’orgoglio, e anche il coinvolgimento emotivo, di «calcare» il percorso dei campioni veri, partire tuffandosi dal pontile, nuotare tra le boe “vere” – condividendo, nel mio caso personale, il percorso di gara con un giovanissimo agonista olandese – e toccare l’arrivo sul tabellone olimpico, l’occasione è stata unica anche per rimarcare le differenze fra master e atleti: e i fondisti, secondo me, sono atleti al quadrato, perché al talento devono associare uno spirito di sacrificio e una tempra psicologica per tenere a bada la noia e l’ansia durante un lasso temporale tanto dilatato… tutti antidoti al divismo che, invece, caratterizza sempre più di frequente gli atleti di vasca.

Campioni veri perché, al di là degli inevitabili vantaggi organizzativi per lo svolgimento e l’effettuazione della prestazione, che chi ha partecipato all’evento master ha avuto il privilegio di sperimentare, mi sono parsi manifestare uno spirito agonistico delimitato pressoché esclusivamente allo svolgimento della gara, senza sconfinamenti nel «fisico» anche nel gruppo, pur sempre costituito da una ventina di persone.

Se penso alle nostre “gare”, e le metto volutamente tra virgolette per rispetto e senso della realtà, mi riesce difficile giustificare l’estremizzazione che, sistematicamente, le caratterizza. È evidente che con duecento partecipanti sia arduo immaginare ondate da venti persone con partenza dal pontile: anche se ai mondiali di Riccione le ondate erano costituite da meno di cinquanta persone… ma il punto è che i master non vogliono soltanto vincere, ma – secondo un sondaggio informale raccolto prima di una delle ultime manifestazioni del circuito di mezzofondo – vogliono anche fare casino, e se del caso menar le mani!

Mi chiedo, ogni volta che mi ritrovo – mio malgrado, ché cerco sempre di tenermi ai margini in partenza – nel gruppone in mezzo al mulinare di braccia e gambe di ogni età, risma, sesso e colore, che senso abbia sparare tutta l’energia fino alla prima boa, quando poi comunque i gruppi si sgranano e ognuno, tendenzialmente e inevitabilmente, fa la propria gara: non è un duecento stile in cui spari tutto nel primo cento, perché tanto il secondo viene comunque (secondo una teoria, a mio parere non del tutto validata, di molti allenatori master).

E allora, al di là delle misure organizzative intese a tamponare la – chiamiamola così – incontenibile energia fisica dei master, intriga la ricostruzione psicologica dei motivi di tanta pulsione agonistica, che può spingersi fino ai limiti dello scontro fisico.

È vero, siamo in gara: ma lo facciamo per piacere! Ci alleniamo con impegno e dedizione, ci poniamo degli obiettivi che sono – dovrebbero essere – individuali… eppure, per una strana alchimia, nella tensione della gara i brizzolati rappresentanti delle categorie giovani e medio alte (fra i 35 e i 50, diciamo), svestiti i panni borghesi, si trasformano in rabbiose macchine da guerra pronte a trasformare in poltiglia il nemico. Si badi bene: nemico, non avversario…

Questa pulsione agonistica estremizzata nelle gare in vasca è dissimulata, pur se talvolta si manifesta in intemerate al termine della gara o sorrisetti sardonici sul podio delle premiazioni, con pacche “amichevoli” da parte dei vincitori e scrollate di spalle apparentemente indifferenti dal lato degli sconfitti.

Ma si manifesta anche in allenamento: ogni squadra ha in sé qualche soggetto che interpreta sistematicamente l’allenamento aerobico come l’occasione per riparare l’onore leso e riconquistare la reputazione perduta, e lo trasforma in un Vo2 max sfidando a singolar tenzone il suo “avversario” nonché compagno di squadra che si allena nella corsia a fianco e che, se è fatto della stessa pasta, accetta di buon grado il guanto di sfida e trasforma le due corsie in un ok corral permanente, con grave pregiudizio dei malcapitati che vorrebbero eseguire le serie di allenamento secondo le indicazioni canoniche.

Ma c’è anche un altro spirito, che forse andrebbe recuperato e valorizzato, per non trasformare il nuotatore master nella caricatura brizzolata del nuotatore agonista (da piscina, non da acque libere…).

Ne è stato fornito un esempio sabato 13 ottobre, a Rubiera, Reggio Emilia, dove su iniziativa di Edo Orlandini di Reggio supportato da Luca Pasquali da Brescia, un gruppo di master 50 si è incontrato per un allenamento seguita da una meritata sosta per ripristinare adeguate scorte di carburante.

Marco Albarelli da Reggio Emilia, Lucio Bertoli Barsotti da Brescia, Stefano Bertoni da Modena, Bernardo Bordonali da Brescia, Marco Borriello da Trento, Valter Massetti da Milano, Edo Orlandini da Reggio Emilia, Luca Pasquali da Brescia, Norberto Rasenti da Modena, Massimo Travasoni da Bologna, Giulio Votano da Roma, Alessandro Zerbini da Modena, nella piscina comunale di Rubiera si sono sottoposti a una «pesata» natatoria di inizio stagione, con un allenamento di circa un’ora, tremila metri intenzionalmente aerobici – 8*50 50”/4*100 1’40”/2*200 3’15”/4*100 1’40”/8*50 50” – trasformatisi rapidamente a causa della incontenibile pulsione agonistica in Vo2 max, un aperitivo, e poi la sottoscrizione di una «Magna Charta» attorno a un tavolo di agriturismo Ca’ di Ferra, in cui apprezzando i sapori dell’Emilia si è parlato di nuoto e di altro.

A dimostrazione di come l’universo del nuoto master ben sia in grado di conservare il proprio senso originario, la partecipazione ragionata a un gioco sportivo, un modo di esprimersi e comunicare attraverso anche un momento di competizione, che si esaurisce, però, nell’esclusivo spazio della gara…

È possibile misurarsi nel riscontro cronometrico e condividere il piacere di nuotare incontrandosi, perché in realtà questo è un modo di comunicare ed è un privilegio che chi non condivide questa esperienza non riesce a comprendere. Un privilegio che l’esasperazione agonistica rischia di compromettere…

Ci auguriamo che la Magna Charta degli M50 estenda i suoi aderenti e che contagi anche le altre categorie.

2 pensieri su “Qualche riflessione sul nuoto master

  1. TAM dice:

    Come ho già detto, mi è dispiaciuto moltissimo non essere già M50 per poter essere li con voi.
    Non l’ho saputo, altrimenti anche senza il cartellino M50 mi sarei aggiunto più che volentieri a un così bel gruppo di MASTER, persone che conosco personalmente da anni e che stimo moltissimo.
    Sottoscrivo la “MAGNA CARTA”, soprattutto magna magna, e vi saluto tutti. A presto

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